Gli Ereb Altor pongono il loro sigillo sul terzo album denominato “Gastrike”. Il duo svedese composto da Mats e Ragnar torna con un prodotto maturo, ragionato e di non immediata assimilazione. “Gastrike”, preceduto nel 2010 da “The End” e nel 2008 da “By Honour”, è un album solido, roccioso e quadrato che strizza l’occhio tanto al doom quanto al viking metal; non per nulla i creatori della band sono membri attivi degli Isole.
Il disco è formato da sette tracce dalla durata media di sei minuti l’una, un minutaggio importante quindi, non c’è che dire. Musicalmente il prodotto è accostabile ai primi Bathory (so di attirarmi le ire dei fan più intransigenti della band) del compianto Quorthon: spruzzate di sano black metal si intrecciano a soluzioni stilistiche oscure e d’atmosfera così come il genere vuole. Il cantanto, aggressivo e potente, non fa altro che contestualizzare il tutto e rendere il disco venato e ruvido. Situazioni melanconiche e armonie ricercate vengono supportate da cori di un altro tempo che offuscano e ammantano di nebbia le nostre sensazioni. Evocativa al massimo in questo senso non può che essere “I Djupet Så Svart”, una cavalcata melodica in lingua madre che riassume perfettamente il disco e ne prova l’assoluto valore intrinseco.
L'album, diciamolo, non è per tutti. La ricercatezza musicale degli Ereb Altor non può e non deve essere buttata al vento dopo un ascolto superficiale e disattento. Ovviamente le condizioni ideali d’ascolto risiedono nell’inverno e nella nebbia fitta, ma d’altronde questi non sono tutto l’anno a nostra disposizione. Consiglio quindi di ascoltare il prodotto con le cuffie, magari passeggiando per boschi dopo il calare del sole, per poter saggiare ed essere avvolti dal muro sonoro degli svedesi.
Il disco è formato da sette tracce dalla durata media di sei minuti l’una, un minutaggio importante quindi, non c’è che dire. Musicalmente il prodotto è accostabile ai primi Bathory (so di attirarmi le ire dei fan più intransigenti della band) del compianto Quorthon: spruzzate di sano black metal si intrecciano a soluzioni stilistiche oscure e d’atmosfera così come il genere vuole. Il cantanto, aggressivo e potente, non fa altro che contestualizzare il tutto e rendere il disco venato e ruvido. Situazioni melanconiche e armonie ricercate vengono supportate da cori di un altro tempo che offuscano e ammantano di nebbia le nostre sensazioni. Evocativa al massimo in questo senso non può che essere “I Djupet Så Svart”, una cavalcata melodica in lingua madre che riassume perfettamente il disco e ne prova l’assoluto valore intrinseco.
L'album, diciamolo, non è per tutti. La ricercatezza musicale degli Ereb Altor non può e non deve essere buttata al vento dopo un ascolto superficiale e disattento. Ovviamente le condizioni ideali d’ascolto risiedono nell’inverno e nella nebbia fitta, ma d’altronde questi non sono tutto l’anno a nostra disposizione. Consiglio quindi di ascoltare il prodotto con le cuffie, magari passeggiando per boschi dopo il calare del sole, per poter saggiare ed essere avvolti dal muro sonoro degli svedesi.