Ereb Altor
The End

2010, Napalm Records
Viking

Recensione di Fabio Petrella - Pubblicata in data: 30/03/10

Ace Börje Thomas Forsberg sul finire degli anni ottanta e sull’incedere imminente dei novanta è stato, dietro il leggendario monicker Quorthon, uno dei massimi catalizzatori di tutto il movimento estremo scandinavo e non. Considerato pedina fondamentale per la nascita e lo sviluppo del black metal, innovatore totale e personaggio ambiguo, lo scaldo di Stoccolma è passato alla storia per la totalità artistica e culturale del progetto Bathory, prima ed indimenticabile viking band. Un carattere particolare, una discussa misantropia e una partecipazione live del tutto inesistente hanno creato intorno alla figura di Quorthon un alone di mistero tuttora insoluto, contribuendo fortemente alla diffusione della sua musica. L’importante influsso scaturito dalla scuola Bathory, nel panorama metallico, è attestato continuamente da innumerevoli band che, oggigiorno, si moltiplicano all’insegna di un sentimento territorialmente nordico e tradizionalista. Un successo che lo stesso Quorthon preferiva stemperare rifuggendo dalla notorietà e raffreddando il clima che si era creato intorno ad esso e al suo relativo impulso anticristiano.
 
A più di vent’anni da quello che comunemente è considerato il primo album viking metal, “Blood Fire Death”, gli Ereb Altor, di origine svedese, pubblicano “The End”, opera di tributo totale al cantore nordico. In verità la band di Gävle era già presente, nel mercato, con “By Honour”, ufficiale debutto del 2008. Che dire, la proposta ricalca in tutto e per tutto lo stile dell’indimenticato Quorthon, con chiari riferimenti alle immortali produzioni targate Bathory: brani lunghi e ripetitivi al limite del doom, struttura semplice ed essenziale con chitarre graffianti, possenti cori maschili e quel retrogusto epico di antichi orizzonti ghiacciati. Per i due membri degli Ereb Altor, Mets e Ragnar, l’ammirazione verso l’artista defunto è talmente grande da oscurare coattivamente qualsiasi altra influenza, e il disco non può che risentirne. Nel corso dell’ascolto è impossibile da celare, come nel caso della lapalissiana “Myrding”, l’eco sfrontato dei Bathory di “Hammerheart” e “Twilight of the Gods”. La stretta somiglianza alle produzioni bathoriane, che potrebbe considerarsi come un punto a favore, a sua volta si tramuta nel fatale limite di “The End”, disco che vive, per ovvietà, di luce riflessa. Le tracce riportano in auge l’epicità e il pathos straziante di Quorthon, come nel caso di “A New But Past Day” uscita direttamente da “Hammerheart”, ma la loro affinità è tale da screditare, in parte, il lavoro.
 
“The End” è un disco commemorativo e genuino, inciso dagli Ereb Altor come epitaffio per la lapide di Quorthon, a ricordo di un’artista stroncato in piena maturazione da un infarto fulminante. Un degno e onesto omaggio da parte della band svedese all’aedo preferito di Odino che, seppur passato a miglior vita, non finisce di influenzare la collettività metal. Prima di chiudere bisogna precisare che, al di fuori da ogni ragionevole dubbio, a quasi sei anni di distanza dal decesso, il vero ed unico testamento di Ace Börje Thomas Forsberg è racchiuso, come sangue sul ghiaccio, nelle foreste di conifere, sterminate e lontane verso Nordland.




01. The Entering (Myrding Prologue)
02. Myrding
03. Our Failure
04. A New But Past Day
05. Bader`s Fall (The End Part I)
06. Vargavinter (The End Part II)
07. The Final War (The End Part III)

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