L’uomo venuto dallo spazio, Arjen Lucassen, ritorna con un altro dei suoi capitoli sci-fi, questa volta senza parlare di navi spaziali, marziani o mondi paralleli. Arjen è cresciuto in un tempo antecedente i personal computer e la tecnologia, niente GPS, niente download, niente video chat, niente di niente. Ma se qualcuno da un passato lontano, immagina lo scrittore, venisse teletrasportato nel futuro tramite frattura spazio temporale? Come reagirebbe e come si comporterebbe di fronte ad un apparato tecnologico così avanzato?
Questo è il significato attorno al quale gravita il concept di “Lost The New Real”, nuova fatica del menestrello cieco (chi ha seguito l’epopea Ayreon, sa di cosa parlo) che si propone di analizzare il presente con gli occhi di una persona, Mr L. He, completamente ignara di quanto sta per apprendere a causa di un flash forward che l’ha portato in avanti di qualche secolo, ben oltre il nostro presente, dove il cancro è stato sconfitto e le persone hanno una vita più longeva... anche se condizionata da emozioni filtrate dalle macchine. Ad aiutarlo nel suo viaggio uno psichiatra, Voight-Kampff, qui interpretato da uno degli attori preferiti di Arjen, Rutger Hauer (Blade Runner e Ladyhawke sono solo due dei tantissimi film in cui svolge un ruolo da protagonista).
Musicalmente la nuova produzione di Lucassen si discosta molto dagli ultimi “Guilt Machine” e “Star One”, l’heavy metal è infatti completamente sparito a favore di un prog/folk rock molto soft, anche se le atmosfere spaziali sono e restano quelle che da sempre contraddistinguono l’artista olandese. A nostra disposizione l’edizione limitata a due dischi, col primo artisticamente molto più interessante e profondo del secondo che, in ogni caso, contiene cinque ottimi inediti che ruotano attorno al concept originale e cinque azzeccate cover di mostri sacri della musica contemporanea attinenti al tema del disco.
Le tracce più appaganti sono senz’altro quelle che si fondono con l’anima folk del progetto, tre in tutto sul primo lp, ma qualche lacrimuccia vi scenderà sul singolo “Pink Beatles In A Purple Zeppelin” dove ci si chiede che senso ha scrivere nuova musica quando quei quattro gruppi hanno già detto tutto quello che si poteva e doveva dire. L’ultima traccia è quella che si avvicina maggiormente al mondo di Ayreon, che speriamo possa prendere di nuovo forma e contenuto a breve termine. Il numero di personalità coinvolte in questo nuovo progetto è infinitamente inferiore al solito, pensate che ad occuparsi di tutte le parti vocali (mentre la narrazione è ad opera di Rutger Hauer), per fare un esempio, è lo stesso Lucassen che si distingue per un ottimo timbro, ma già lo sapevamo. Le composizioni sono il fulcro del sistema; alcuni brani catartici, altri pimpanti, ma ciò che conta è il solito magnifico lavoro negli arrangiamenti e nei suoni per un disco che si rivelerà sinuoso e sfuggente, un crocevia della carriera di Arjen, un carillon dalle mille emozioni.
Non mi resta che consigliare nuovamente una produzione targata Arjen Lucassen, non certo il disco più stupefacente della sua carriera ma, se non altro, l’ennesima manifestazione di forza, a dimostrazione che fuoriclasse si nasce, non si diventa…