Viza
Carnivalia

2012, Architects of Music
Folk Rock

Recensione di Alberto Battaglia - Pubblicata in data: 23/11/12

In qualche modo se la storia non fosse finita già diverse volte, e se quindi non fosse così difficile dire qualcosa di diverso da ciò che è stato detto già, forse non verrebbe nemmeno in mente di fondere i mondi musicali più lontani. Zucchero (sì, il blues-man nostrano) ha scritto recentemente su "Panorama" come secondo lui il futuro della musica leggera sia nello sperimentare inedite fusioni: magari il rock con tradizioni musicali nate separatamente diverse anni prima, quando il mondo era certamente meno comunicante di adesso. Questo approccio i Viza hanno dichiarato di averlo capito bene, e grazie alla loro sintesi armeno-ispanico-rock si inseriscono in un filone che innegabilmente è figlio di questi tempi "bastardi" in cui con un clic è possibile ascoltare senza fatica le storie culturali delle zone più remote del pianeta, in cui i propri confini genetici non sono dunque più definiti.


Il fatto che la maggior parte delle loro influenze provenga dall'Armenia ricorda immediatamente la sonorità peculiare che questa terra aveva già dato a un'altra band, i System of a Down. Non sorprende quindi che i Viza siano in ottimi rapporti con Serj Tankian e siano stati prodotti, abbiano fatto tour nonchè featurings assieme allo storico cantante dei SOAD. Con questo, però, non si può certo affermare che i Viza siano cloni della band del loro grande amico. Infatti il peso specifico della componente zingariforme di derivazione folkloristica è di gran lunga superiore, mentre meno importanti saranno le venature rock/metal. Si ha quasi l'impressione che l'apparato "occidentale" della rock band sia solo il pretesto, il cavallo di troia, per suonare in modo aggiornato la pura e semplice tradizione. In "Carnivalia" questa componente è accentuata anche dal concetto di fondo, che vuole ambientare questa serie di canzoni ai bordi di un circo, o di una itinerante compagnia di commedianti. Più tzigani che mai, insomma. Come nel capitolo precedente intitolato "Made in Chernobyl" il potenziale esplosivo di questa band sta nella loro esoticità autentica, impacchettata con velocità, tecnica, spirito istrionico, allegria ska. "A Magic Ladder" tra tutte spicca per il suo fascino misterioso, in cui si può riconoscere sia il suono della Grecia sia quello dell'Armenia con una componente moderna discreta e meglio incorporata nell'insieme. Se è invece di una cavalcata dal sorprendente lavorio chitarristico che cerchiamo possiamo citare "Hourglass" e sino alla fine avremo di che danzare. Per gli orfani dei System l'ascolto più adatto per introdursi nella nuova creatura è, infine, il duetto "Illumination/Shall We Reign Dance?".

 

Composto ed eseguito con una notavole classe, "Carnivalia" potrebbe sembrare il disco di un manipolo di immigrati che provano a camuffare le loro origini e suonare rock, ma è in realtà il contrario: il retaggio originario delle culture locali è ora la risorsa principale di molta musica "nuova", un valore da lucidare e mettere in mostra più che da camuffare.





01. Carnivalia
02. A Magic Ladder
03. Viktor’s Sister
04. Hourglass
05. Illumination
06. Shall We Reign Dance?
07. Everybody Wants Money!
08. Sparring
09. Things Are Awkward
10. Tricky Tricky
11. Poor Pete
12. Meet Me At The Troubadour

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