Laura Marling
I Speak Because I Can

2010, Virgin/EMI
Folk

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 21/04/10

Se non si conosce Laura Marling, c’è un fatto sorprendente che si nasconde dietro la sua figura, un fatto che potrei riassumere adesso con un aggettivo, rovinandone inesorabilmente l’eccezionalità. Parto, quindi, col descrivere il tipo di musica che troverete su questo “I Speak Because I Can”.

Immaginate una cantautrice adulta e fortemente acustica come Suzanne Vega, imbastardita però di una vena folk-country prorompente e sudista. Se riuscite ad immaginare l’innesto, non vi stupiranno le atmosfere familiari del primo singolo “Devil’s Spoke”, posto in apertura dell’album, brano che rappresenta, probabilmente, il punto più movimentato di questo lavoro. Già la successiva “Made By Maid”, difatti, tradisce immediatamente la vera natura di questo disco, mostrandoci una canzone estremamente intimista e minimalista per sola chitarra acustica e voce; “I Spek Because I Can” non è altro che una raccolta di ballad, che mostra il meglio di sé quando la sua autrice arricchisce il quadro con sfumature interessanti quali forti echi ellenici e mediterranei nel ritornello di “Alpha Shallows”, piuttosto che dei più tradizionali sapori della Louisiana presenti nel banjo e nei violini del secondo singolo “The Rambling Man”.

Bene, direi che adesso è il momento di svelare il fatto sorprendente cui vi accennavo in apertura di recensione: dovete sapere, difatti, che la mente ed il cuore che ci donano questa musica appartengono ad una ventenne fanciulla inglese. La sorpresa risiede nel fatto che l’album suona terribilmente adulto, e lo scoprire una così giovane ragazza quale artefice del tutto è deliziosamente destabilizzante, tanto più se si pensa alla sua nazionalità (ascoltate l’inno corale dedicato alla natia Inghilterra di “Goodbye England”: sarà pure dedicato alla Gran Bretagna, ma è scritta con l’America nel cuore).

Il talento di Laura Marling, quindi, non è in discussione, così come il fascino che la sua figura artistica sa innescare. Semmai, il maggior difetto dell’album risiede nelle sue premesse: 10 downtempo acustici possono risultare eccessivamente monotematici, oltretutto se i guizzi giungono davvero radi e sporadici. E’ comunque un difetto di gioventù (su una proposta appena definita adulta: non è magnifico?), visto che, rispetto all’esordio discografico di “Alas I Cannot Swim”, Laura ha fatto passi da gigante, innestando con maggiore convinzione quella vena folk che è pura energia vitale per la sua musica. Tuttavia, inesorabilmente e brutalmente si può arrivare alla conclusione che tutto questo non è ancora abbastanza, e che molti ascoltatori potrebbero trovare il lavoro eccessivamente noioso (difficile biasimarli, del resto).

Il selvaggio West, cara Laura, è ancora tremendamente lontano, ciononostante ti ci stai avvicinando. Continuando su questa strada, giungerai presto a destinazione, e partorirai un album che sarà assolutamente convincente e travolgente. Ne sono certo.



01. Devil's Spoke     
02. Made By Maid    
03. Rambling Man    
04. Blackberry Stone
05. Alpha Shallows  
06. Goodbye England        
07. Hope In The Air           
08. What He Wrote  
09. Darkness Descends    
10. I Speak Because I Can

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