Liv Kristine
Skintight

2010, Napalm Records
Pop Rock

Una raccolta di canzoni intime ed intense per la bionda artista norvegese
Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 03/10/10

Spogliarsi di tutte le sovrastrutture imposte da chi vorrebbe trattare la musica alla stregua di un semplice prodotto di consumo. Fuggire il superfluo per riscoprire la parte più intima di sé stessi. Quella di una donna nel fiore dei suoi anni, di una moglie innamorata, di una madre devota, di un'amica sincera. Racchiudendo il tutto in un disco che parla il linguaggio più puro di tutti i tempi: quello dell'anima. Così la dolce Liv Kristine, ex vocalist dei Theatre Of Tragedy e leader dei Leaves' Eyes, cerca di rilanciare la propria carriera solista, dopo aver rischiato di “toccare il fondo” a causa di un album, “Enter My Religion”, che lei stessa si è trovata a rinnegare, con il senno di poi. Alla bionda artista norvegese spetta oggi il compito di comporre, arrangiare e registrare ogni nuovo brano di un progetto solista da qualche anno accantonato per garantire una repentina ascesa alla band madre. Accompagnata per l'occasione dal fido chitarrista Thorsten Bauer e dal marito-produttore Alexander Krull; nessun compositore esterno, nessuna pressione... L'intento della Nostra, come da lei stessa dichiarato nell'emozionante intervista che vi invito calorosamente a leggere, è quello di regalare ai propri fan un'opera genuina, spontanea, naturale. Il risultato, questa volta, non tradirà le vostre aspettative: “Skintight” farà vibrare le corde della vostra anima e vi toccherà il cuore con il suo flusso di emozioni intenso ed ininterrotto.


Come vecchie foto da anni chiuse in una scatola colma di ricordi, ognuno dei dieci brani che compongono l'album ci consegna un momento particolare della vita della cantante. Dall'infanzia alla vita di coppia, passando per la maternità ed il difficile rapporto con il music business. Diversi sono i generi musicali abbracciati nel corso della tracklist, ma due sono le anime essenziali di questo lavoro: quella pop rock, rappresentata da brani tendenzialmente energici e più spensierati, e quella acustica, cantautorale ed intimista, in cui Liv dà sfogo alle sue emozioni più vere. E di fronte a brani così semplici ma pieni di pathos, non a torto possiamo parlare di piccoli grandi capolavori. Prima fra tutte la toccante “The Rarest Flower”, ballata per soli piano, voce e violoncello che chiude il disco nel suo afflato di candida malinconia. “Love In Grey” prosegue molto bene su questa scia, affrontando il tema delle relazioni di coppia di fronte al tempo che scorre inesorabile rischiando di raffreddare ogni cosa, tra una chitarra acustica che accompagna la voce eterea della Nostra per poi lasciare spazio ad un assolo elettrico, quasi accarezzato, che enfatizza il finale sfumato. “Wonders” si colora di tonalità primaverili e ci riporta per un attimo a quei tempi in cui eravamo pronti a scoprire il mondo attraverso gli occhi dell'innocenza. “Versified Harmonies”, aiutata da un caldo tappeto di violini, ci invita a riscoprire l'importanza della comunicazione, tramite le parole di una Liv che per intensità ed interpretazione potrebbe tranquillamente ricordare la Tori Amos dei tempi d'oro. C'è spazio anche per il rock cadenzato della titletrack e di “Train To Somewhere”, un vero e proprio inno a libertà. Menzione finale per l'elegante parentesi elettronica di “Boy At The Window”, forse un tributo alla tanto amata Veronica Louise Ciccone in arte Madonna.


Per apprezzare questo disco occorre veramente poco, tant'è che le parole di chi vi scrive, mai come in questo caso, sembrano essere di troppo. Perciò armatevi soltanto di empatia, di purezza, della voglia di riscoprire voi stessi attraverso le confessioni e le storie di questa splendida donna, di questa autentica artista. Chissà che anche voi non possiate tornare a sentire certe emozioni sulla vostra pelle...





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