Midnattsol
The Metamorphosis Melody

2011, Napalm Records
Gothic

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 27/04/11

È un compito difficile quello che i Midnattsol si sono prefissati. Risalire dal picco di negatività raggiunto in seguito alla pubblicazione di un album fiacco e poco ispirato quale fu “Nordlys” (il successore di un primo capitolo altalenante, ma di gran lunga più godibile, intitolato “Where Twilight Dwells”) non dev'essere stato semplice. Eppure, i Nostri si sono armati di coraggio e nel giro di due annetti buoni hanno saputo plasmare un disco che toglie qualsiasi dubbio residuo in merito alle effettive doti compositive della band. “The Metamorphosis Melody”, questo il titolo della terza fatica discografica della band capitanata dalla dolce ed eterea Carmen Elise Espenaes (ebbene sì, stiamo proprio parlando della sorellina di Liv Kristine), non solo ha il pregio di farci capire di quale pasta sono fatti i Nostri, ma sbaraglia addirittura una concorrenza che di fronte ad un sound così heavy e compatto non ha che da imparare.

 

Abbandonata la dicitura “folk metal” (un po' ridondante rispetto alla reale proposta del sestetto teutonico), la musica dei Midnattsol, seguendo le regole della metamorfosi, si è fatta più solida, più oscura e in un certo senso più snella, tant'è che quel “nordic gothic metal” che campeggia sulla press note in nostro possesso risulta essere la definizione perfetta per inquadrare il contenuto di questo full length. Una sensazione, questa, corroborata in primo luogo dagli straordinari miglioramenti della voce di Carmen Elise, un tempo vistosamente legnosa, in costante affanno e al di sotto della media del genere, oggi molto più versatile, interpretativa ed incisiva. Altrettanto importante il lavoro di rifinitura operato dai due axe-men Daniel Droste e Alex Kautz, abilissimi nell'alternare sezioni melodiche a riff dannatamente epici, condendo il tutto con assoli di grande impatto. Il basso di Birgit Öllbrunner e la batteria di Christopher Merzinsky non vengono mai meno; al contrario collaborano alla costruzione di architetture ritmiche eclettiche e ricche di particolari. Su tutto vige la supervisione di Daniel Fischer, forse il membro più parsimonioso del gruppo, che tuttavia riesce a stupirci grazie a tocchi di tastiera in grado di sottolineare le atmosfere più nordiche e “fantasy” del disco senza mai scadere nel pacchiano o nel già sentito.

 

Il disco si apre su “Alv”, un'intro orchestrale che ha il compito di introdurci alla titletrack, primo caposaldo dell'album. Chitarre travolgenti tessono le trame di un brano che trova nell'impatto e nella melodia il proprio punto di forza, sostenute da una linea vocale tanto semplice quanto affascinante. Neanche il tempo di riprendere fiato e già siamo investiti dal climax di tensione racchiuso tra le note di “Spellbound” e dalla malinconia della semi-ballad “The Tide”. I Midnattsol, un tempo vicini al sound sinfonico e romantico dei “cugini” Leaves' Eyes, dimostrano oggi di avere appreso appieno la lezione impartita dai finlandesi Amorphis, forse la band più abile di sempre nel coniugare un'estrema raffinatezza melodica ad un sound che in fatto di potenza non fa la minima piega (e in questo particolare aspetto i Nostri si differenziano in maniera vistosa dagli standard attuali del metal con voce femminile). L'influenza della band di “Skyforger” si fa sentire spesso e volentieri all'interno di “The Metamorphosis Melody”, regalandoci alcuni tra i brani più riusciti del lotto, come l'epicheggiante “A Poet's Prayer” e la battagliera “Kong Valemons Kamp”. Non è un caso se lo stesso Esa Holopainen, chitarrista degli Amorphis, ha elogiato apertamente la capacità dei Nostri nel combinare in maniera magistrale gli aspetti più eterei e più heavy della propria musica, consigliando il disco a tutti gli amanti del metal più maestoso ed atmosferico.

 

Come ciliegina sulla torta fanno capolino alcuni momenti di stampo folk che tracciano un fil rouge tra i Midnattsol post-metamorfosi e quelli del primi due album, ma è quasi superfluo far notare che la classe di una ballad struggente quale “Goodbye” o di un colosso folk metal cantato in norvegese quale “Motets Makt” non avrebbero mai trovato spazio nella vecchia discografia dei Nostri. Parte della magia di “The Metamorphosis Melody” risiede infine (ed è doveroso ricordarlo) nella produzione affidata a Markus Stock (Empyrium, The Vision Bleak), che nel suo Klangschmiede Studio E ha saputo dare la giusta dimensione ad ogni componente del platter.

 

Se siete alla ricerca di un'alternativa agli Amorphis degli ultimi album, oppure di un disco metal con voce femminile che si discosti da abusati cliché gotici e sinfonici e che sappia offrirvi allo stesso tempo canzoni solide e trascinanti senza disdegnare l'apporto di una voce eterea e di atmosfere nordiche avete trovato il disco che fa per voi. La metamorfosi dei Midnattsol è la rivelazione della loro piena maturità artistica.





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