Corde Oblique
A Hail Of Bitter Almonds

2011, Prikosnovenie
Folk

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 02/05/11

Dopo due anni di distanza dall’averci mostrato con mirabile maestria di cosa sono effettivamente fatte, oggi, le “Stones Of Naples”, torna il menestrello Riccardo Prencipe con il quarto inciso a firma Corde Oblique. Ancora una volta, nella piccola bottega artigianale di questo grandissimo suonatore di chitarra classica, troviamo gli aiutanti di sempre: la colorata ed espressiva voce di Floriana Cangiano, quella energica e giovanile di Claudia Sorvillo, nonché gli Ashram al gran completo, dal violino di Edo Notarloberti (ancora complice perfetto di Riccardo nella melodia), alla voce calda ed emozionale di Sergio Panarella, passando per il fulgido pianoforte di Luigi Rubino.

Come ho accennato poco sopra, con Riccardo eravamo rimasti fermi a “The Stones Of Naples”, il suo album maggiormente mediterraneo poiché quello più radicato, nell’ispirazione, nella natia città di Napoli e, certamente, anche nella “gemella” Barcellona. Oggi, due anni dopo, Prencipe torna con un album che sa molto di progressive rock: gli Anathema ed i Pink Floyd, difatti, sono sempre stati un’ispirazione latente per il Nostro compositore, ma mai come ora questo amore è tangibile, e non lo scrivo solamente per via di “Jigsaw Falling Into Place”, cover in salsa folk - ma molto rock nello spirito - dei Radiohead  di “In Rainbows” (come se Riccardo non avesse mai fatto cover di alternative rock inglese – “Flying” docet), oppure per i vocalizzi di “Paestum” che ricordano la Anneke Van Giersbergen più ispirata, con le distorsioni luminose di “We’re Here Because We’re Here” nella seconda parte a ricordarci gli Anathema, nome che viene nuovamente alla mente grazie alla soffice morbidezza acustica del primo singolo “Toghether Alone”. No, in realtà questo album è decisamente progressivo poiché mai come oggi i brani di Riccardo Prencipe respirano, si evolvono, vivono, e ci emozionano innumerevoli volte all’interno della stessa canzone con soluzioni inedite ed inattese.

Capita, così, che quello che pare essere uno spudorato richiamo di “Dal Castello di Avella”, si apra all’improvviso al violino, in un’esplosione energica e travolgente (“Arpe Di Vento”), che il crescendo vocale e strumentale sulla cantilena di “La Madre Che Non C’è” muova ad epica commozione con facilità disarmante, che i brani riescano anche ad abbracciare inedite sfumature più leggere e pop, a produrre serenate affatto banali (“Gioia Di Vivere”, dove al mandolino irlandese ritroviamo Duncan Patterson – tanto per restare in tema Anathema…), oppure che il canto placidamente rassegnato di Sergio Panarella, ad un certo punto, si alleggerisca di giocosa speranza (“The Man Of Wood”). La mutevolezza dei brani è una forza che si avverte anche sul cipiglio energico del pianoforte dell’apertura della titletrack, nell’epica solennità della voce di Spyros Giasafakis dei Daemonia Nymphe su “Crypta Neapolitana” e nel flauto di pan che apre archi temporali verso un passato remoto nella strumentale “Slide”.

A Hail Of Bitter Almonds” è tutto questo ed anche di più, ed è certamente l’opera più completa di Riccardo Prencipe e le sue Corde Oblique, quella che riprende lo spirito cosmopolita di “Volontà D’arte” amplificandolo con sfumature ancora non affrontate, con una sensazione di organicità che lascia davvero storditi. Pensandoci, è la quarta volta che questo team di artigiani ci sorprende con una musica che suona sì familiare e riconoscibile, ma che risulta sempre in un qualche modo unica ad ogni parto discografico, quasi ad ostentare un miglioramento continuo che diventa imbarazzante per noi poveri giornalisti, arresi nuovamente di fronte all’evidenza di dover scomodare, per almeno la terza volta consecutiva, l’ingombrante parola “capolavoro”.

E c’è davvero di che esser lieti di avere artisti come Riccardo Prencipe & Co. a rendere onore ad un genere che, troppo spesso, viene ingiustamente bistrattato, accusato di aver detto tutto quello che aveva da dire. Invece, qui si dimostra per la quarta volta che il folk mediterraneo di stampo italiano è una materia musicale dal notevole valore, e che con la giusta dose di ispirazione, fantasia e genio, può tramutarsi in qualcosa di unico e meraviglioso.

Quindi: riusciremo mai noi poveri giornalisti a parlare male di Corde Oblique? Forse, un giorno, chissà… Ma non oggi. Non oggi.



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