Corde Oblique
The Stones Of Naples

2009, Prikosnovenie
Folk

Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 21/09/09

La gentile concessione di Riccardo Prencipe (qualcuno abbinerà il nome a quello dei Lupercalia) si rivolge ad un fazzoletto di pubblico legato alla forma d’arte decadente e più nello specifico, tenendo conto del titolo tratto dall’omonimo libro di Caroline Bruzelius, ad un frammento di storia riconducibile al periodo medievale del capoluogo campano, e che ha per oggetto la sua prospera architettura. Nella fattispecie rivolgeremo orecchio e mente ad un folk etereo che va oltre la dimensione di semplici e laconici citazionismi, il lavoro di Riccardo Prencipe nella sua determinante fase di scrittura non può essere oltremodo definito come “compiuto”, poeta maledetto che procede tra l’antico e il contemporaneo avvalendosi di ospiti illustri nel cammino che ci separa dal “Barrio Gotico” di Barcellona ai Campi Flegrei siti a nord-ovest di Napoli.


Tra i tanti artisti spiccano i due Hexperos, Alessandra Santovito (soprano) e Francesco Forgione (contrabbasso), protagonisti in quella che a mio modo di intendere è la traccia simbolo del disco, “Flower Bud”, aperta da una deliziosa linea di pianoforte sostituita, di lì a poco, dall’onnipresente chitarra classica dell’autore. La poesia letterale, intellettuale, incalza in musica e testi, spesso in italiano e talvolta in inglese, spicca il violino di Edo Notarloberti, altro elemento centrale che concede sprazzi dinamici in mezzo alla tempesta di romanticismo. Lo spettro interpretativo risulta più ampio con l’apporto vocale di Caterina Pontrandolfo, Floriana Cangiano, Claudia Sorvillo, Monica Pinto (Spaccanapoli) e Geraldine Le Cocq (Mediavolo), gli arrangiamenti sono ariosi, i ritornelli indimenticabili e il suono appare più ricco e curato del penultimo capolavoro “Volontà D’arte”.


Tutto gira a meraviglia nello strumento vintage di Corde Oblique; la classe e la personalità non mancano e “The Stones Of Naples” saprà rapire voi ipersensibili che, immersi nelle letture e negli ascolti quotidiani che riportano ai magici anfratti e alle radure ancestrali, non disdegnate un luogo torbido idealizzato da un folk nostalgico e, come detto, decadente.





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