ZZ Top
Eliminator

1983, Warner Bros. Records
Hard Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 25/01/12

Che l’estetica fosse una componente imprescindibile del rock n’ roll, una sorta di cassa di risonanza che segue di pari passo la musica e le aspettative del pubblico, non lo scopriamo certo noi. In alcuni casi essa contribuisce più di ogni altra cosa ad identificare milioni di persone con un simbolo: pensiamo per un attimo alla bocca di Mick Jagger, ai rasta di Bob Marley o alla linguaccia di Gene Simmons, simboli identificativi di uno stile, se non addirittura di un genere o di una filosofia. In questa sorta di reliquiario contemporaneo non è difficile trovare un posto per gli ZZ Top, ovvero le barbe più famose del Texas e dell’intero panorama rock. Con il fango del Mississippi ben attaccato alle suole degli stivali, il trio era riuscito da subito a far parlare di sé soprattutto in patria: l’attitudine spicciola da rudi e l’appeal tex-mex ben si sposavano con un sound verace ed essenziale fatto di hard rock, blues e southern. Alla fine degli anni ’70 gli ZZ Top vantavano già successi importanti e concerti sold out negli stadi di tutto il Paese.

Eliminator” vede la luce in un periodo interlocutorio in cui la band di Houston, pur continuando a mietere consensi, faticava ad eguagliare il successo ottenuto con dischi come “Tres Hombres” e “Fandango”. Il prolungato break alla fine del decennio, il cambio di etichetta (ora la Warner Bros) e un album come “Deguello” posero le premesse per quello che sarebbe stato il loro successo più grande in termini di vendite. “Eliminator” non è il lavoro migliore degli ZZ Top né il più rappresentativo, ma di sicuro quello più accessibile e particolare, il classico disco in cui uno stile tradizionale viene in un certo senso dato in pasto alle masse attraverso una radicale opera di restyling. Il sound polveroso della band viene tirato a lucido sotto la patina dei sintetizzatori e mi pare di vederle le facce dei fan della prima ora, storcere la bocca nel sentire la batteria elettronica di “Gimme All Your Lovin'” in apertura o i tappeti di synth che coprono quasi del tutto il basso di Dusty Hill. La slide di Billy Gibbons in compenso continua a macinare riff ed emozioni come nel magistrale solo di “Sharp Dressed Man”, un pezzo ficcante pluritrasmesso da radio e TV. Stessa sorte toccherà ad altri due brani, appunto “Gimme All Your Lovin'” e “Legs”, punte di diamante costruite sulla solita irresistibile formula magica: canzoni brevi, accattivanti, riff semplici e diretti di derivazione blues, corposi arrangiamenti elettronici. Mai si era visto un accostamento tanto azzardato quanto azzeccato fra il rock blues e il pop da classifica, fra tradizione e innovazione; il risultato è un disco che costituisce il punto di accesso migliore all’universo della formazione di Houston, la dimostrazione di come si possa esprimere concetti vecchi con parole nuove, ricavandone per di più un successo planetario. Nulla su “Eliminator” è lasciato al caso, neppure quella Ford Coupè customizzata del 1933 che campeggia in copertina e che sarà sempre presente negli spassosissimi video promozionali (assieme ai portachiavi con il logo della band), fino alle chitarre pelose del video di “Gimme All Your Lovin'”. Paradossalmente solo le barbe lunghe di Billy Gibbons e Dusty Hill costituiscono una curiosa coincidenza: quando la band si ritrovò in studio dopo due anni di lontananza dalle scene, i due membri realizzarono di essersi entrambi fatti crescere la barba l’uno all’insaputa dell’altro. Pezzi come “If I Could Only Flag Her Down”, “TV Dinner” o “Bad Girls” sono tutti accomunati dalla stessa filosofia di fondo: per quanto tu possa cambiare il vestito ad una bella donna, resterà sempre una bella donna, e se spogliati della patina elettronica essi assumono i contorni familiari di tradizionali boogie rock. Questo è anche lo spirito di tutto  “Eliminator” in cui la tradizione viene attualizzata e resa appetibile al pubblico edonista degli anni ’80.

Insomma, quello che poteva sembrare una scommessa destinata a perdersi diventerà un vero e proprio asso nella manica; con il successivo “Afterburner” il trio si spingerà ancora oltre, persino troppo per qualcuno, salvo recuperare le vecchie sonorità con l’album “Rythmeen” circa dieci anni dopo. Operazione riuscita in pieno dunque: Il risultato furono dieci milioni di copie vendute in tutto il mondo, video in rotazione continua su MTV e un disco che nella sua unicità non può essere ignorato o minimizzato.



01. Gimme All Your Lovin'
02. Got Me Under Pressure
03. Sharp Dressed Man       
04. I Need You Tonight
05. I Got The Six
06. Legs
07. Thug
08. TV Dinners
09. Dirty Dog
10. If I Could Only Flag Her Down
11. Bad Girl

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