Dreamland
Future Calling

2005, Dockyard1
Heavy Metal

Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 09/04/09

La storia di questi Dreamland inizia nel 2001, quando il gruppo che porta il nome Infinity presenta il fortunato demo, “Crystal Age” allo Sweden Rock Festival; show che convince Mr. Joacim Cans (Hammerfall) a seguirli con costanza e dedizione sino al qui presente album di debutto: "Future’s Calling".  
L’icona svedese, oltre ad aver messo mano sulle registrazioni di voce basso e chitarra, ha conglobato nel progetto un altro pezzo da novanta per la registrazione della batteria, il missaggio e la masterizzazione del disco: sto parlando del conosciuto Andy La Rocque.

Bene, un “parco collaboratori” del genere, come potrete dedurre, influisce più che positivamente sulla produzione finale che, vi dico subito essere ineccepibile.

Future’s Calling è un heavy metal che attinge a piene mani dai cinque lavori che gli Hammerfall hanno pubblicato sino ad oggi, ed in particolar modo rincorre il fantasma dell’osannato Glory to The Brave anche se le rette relative a magia e intensità di quel platter non riescono mai ad essere tangenti con quelle del prodotto che stiamo esaminando.

Hearts Like Lions mette da subito in chiaro i propositi dei 5 svedesi per un potente mid-tempo costruito sul forzato duello batteria-chitarra ritmica intramezzato da un corto e spigliato guitar solo ad opera di Johan Eriksson.
Quello appena citato è un pezzo che ricopre il ruolo di “modello” per una mezza dozzina di brani tutti abbastanza simili tra loro; prendo a campione Breaking The Chains e Destiny  che seguono la medesima e scontata linea andando semplicemente alla ricerca di un ritornello che sia il più possibile ruffiano e strappa consensi.
Quando i ritmi si fanno più serrati i ragazzi riescono a dare il meglio di loro stessi, tirando fuori dal cilindro tracce come A New Way e Dreamland che, riescono a sortire l’effetto head-banging tanto caro agli osannati padri.
Affascinante e struggente la ballad Fade Away nella quale il vocalist Joacim Lundberg (simile a Cans nel timbro ma evidentemente meno esperto) duetta con una calda ugola femminile e più o meno inutili l’intro iniziale, quella a tre quarti e l’outro.

Come spesso accade, il songwriting è il problema che affligge le giovani band che si affacciano sul mercato metal contemporaneo e, anche i Dreamland, non riescono ad elevarsi per capacità compositiva.
Non è bastata una produzione esemplare per rendere Future’s Calling un buon album che si attesta, se non altro, su livelli sufficienti.
La Dockyard1 di Piet Sielk sta sfornando dischi a ripetizione ma, resto dell’idea che sia meglio concentrarsi esclusivamente su quei gruppi (già in seno all’etichetta) che non si rivelino, come nel caso odierno, semplici passatempi.



01. The Chance (Intro)
02. Hearts Like Lions
03. A New Way
04. Breaking The Chains
05. Destiny
06. Die Slowly
07. Fade Away
08. All For One
09. Dreamland
10. Future’s Calling
11. Blank Mind
12. A New Dimension
13. Repeating Supremacy (Outro)

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