Minsk
With Echoes In The Movement Of Stone

2009, Relapse Records
Doom

I Minsk ci renderanno semplicemente più ricchi. Splendido.
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 08/06/09

Dobbiamo essere grati alla Relapse (e a chi la distribuisce in Italia) per la capacità di pubblicare quasi a getto continuo, per quanto riguarda la parte più “alternativa” del proprio roster, dischi interessanti e mai banali, album per cui vale la pena fermarsi per diversi giorni di ascolto dedicato, facendo riassaporare il piacere di andare a scoprire veramente un lavoro, un qualcosa che al giorno d'oggi sta passando in disuso.

In questo ambito si posizionano i Minsk, quartetto dell'Illinois, arrivati con questo bellissimo "With Echoes In The Movement Of Stone" al terzo lavoro in studio. Se è vero che in ambito metal non si riesce più a inventare niente, allora bisogna necessariamente plasmare un sound personale, facendo una sintesi delle varie influenze e dare libero sfogo all'ispirazione. Un comandamento che sembra essere stato seguito alla lettera dai Minsk, autori di una prova di abbagliante personalità e fulgida creatività, in un mantra sonoro che non può lasciare indifferenti per la carica che riesce a trasmettere, per la potenza dei suoni, per la profondità di melodie e atmosfere lisergiche, e per l'enorme qualità che si estende per oltre un'ora senza vacillare nemmeno per pochi secondi.

Descrivere a parole "Echoes In The Movement Of Stone", e le emozioni che trasmette, non è un compito facile e per questo vi chiedo di non prendere alla lettera il genere che leggete nell'intestazione della recensione. Possiamo dire che i nostri rappresentano tutto quello che può essere definito “post”, miscelando sapientemente post-rock, l'onnipresente influenza Neurosis, sludge, doom, hard rock, post-core, con una suadente coltre dal gusto prog/psichedelico a rendere ogni passaggio elegante e dai contorni sfumati. Brani estremamente mutevoli, lunghi, articolati, spesso con una cadenza tribale, in cui tutto è studiato per far viaggiare l'ascoltatore, per regalargli un'ora da trascorrere in una dimensione eterea e sognante. La maestria dei Minsk sta nel fatto di non perdere mai la bussola, di sapersi muovere con disinvoltura da passaggi strazianti e di una pesantezza assoluta, ad altri in cui l'attenzione viene catturata solo con tappeti di tastiere e percussioni, dove la voce di Tim Mead prima ci sussurra nell'orecchio, per poi abbatterci con rara aggressività. La cosa che più mi preme sottolineare è che nonostante l'eterogeneità della musica proposta, si percepisce nettamente il senso di unità del disco, come se ogni nota di "Echoes In The Movement Of Stone" provenisse da un unico magma sonoro, a cui i nostri hanno solo dato una forma che appaghi le orecchie e lo spirito. Scusate se è poco...

Come potrete capire, risulta impossibile segnalare un brano in particolare, opere di questa caratura vanno ascoltate dall'inizio alla fine, mettendoci tutta l'attenzione e la predisposizione possibile, consci che non ci allieteranno dopo una dura giornata, ci renderanno semplicemente più ricchi. Splendido.



01.Three Moons

02.The Shore of Transcendence

03.Almitra's Premonition    

04.Means to An End

05.Crescent Mirror    

06.Pisgah

07.Consumed By Horizons of Fire    

08.Requiem: From Substance to Silence

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