Mustasch
Mustasch

2010, Nuclear Blast
Hard Rock

Un po' Mötorhead, un po' Black Sabbath, conditi con del rock "made in U.S.A"
Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 14/01/10

Potrebbero suonare nuovi alle vostre orecchie, ma gli svedesi Mustasch sono tutt'altro che dei novellini. Quest'album omonimo è il quinto parto discografico di una band che ha recentemente subito la dipartita del chitarrista Hannes Hansonn e del batterista Mats Hansonn. Sempre nel 2009 gli svedesi hanno ricevuto una nomination per la categoria "Miglior Album Metal dell'anno" nel proprio paese natale. Una candidatura del genere dovrebbe rappresentare, almeno in linea teorica, un ottimo biglietto da visita per questo full length. Tuttavia, il vecchio detto "non giudicare mai un libro dalla sua copertina" fornisce dei buoni spunti di riflessione per descrivere il disco in questione.


Le sonorità proposte dalla band svedese rimbalzano dall'hard rock allo stoner, per poi piombare nel doom funereo di "Tritonus", unico esempio del genere presente all'interno dell'album. A proposito di questo brano, forse il momento migliore dell'opera, vorrei fare una piccola osservazione: nonostante la buona fattura, ricorda in modo fin troppo netto e preciso il riff in apertura di "Atom And Evil" degli Heaven&Hell.
Uno degli elementi più significativi di questo disco sono le sue chitarre, dai suoni molto pesanti e cupi: questa caratteristica avvicina i Mustasch alle sonorità delle rock/metal band statunitensi. Un esempio lampante è rappresentato dai riff di "Mine", nel quale echeggiano i System Of A Down di "Toxicity". Non mancano i riferimenti ai signori incontrastati del rock ‘n' roll, ovvero i Motörhead, nelle ritmiche travolgenti e nei testi dai toni duri e vagamente maschilisti, con i classici riferimenti al gentil sesso ed all'alcool, inseparabile croce e delizia di tanti musicisti. Per farsene un'idea, basterà ascoltare "Lonely" o "The Man, The Myth, The Wreck", brano dall'atmosfera presuntuosa ed alterata dagli effetti del whisky.
"I'm Frustrated" è un brano piuttosto anomalo, lento e struggente, accompagnato dalle chitarre acustiche, dal testo onesto e disarmante. Un brano che fa emergere il lato più delicato e romantico della band, che culmina con l'inserimento degli archi a metà brano.
In buona sostanza, ci si ritrova in mano un discreto disco di rock ‘n' roll duro e puro, composto da canzoni compatte e di discreta durata. Alla lunga i brani risultano prevedibili e leggermente monotoni, ma non per questo meno piacevoli o accattivanti, complice una produzione molto buona, curata e seguita da Tobias Lindell.


"Mustasch" è ideale come sottofondo per un viaggio con i propri amici, o una festa in buona compagnia, ma nulla più. Un disco che non mi sento di sconsigliare o di bocciare, ma che presenta un ben poche idee personali e parecchi stereotipi già sentiti in migliaia di altre occasioni.





1. Tritonus (Prelude)
2. Heresy Blasphemy
3. Mine
4. Damn It's Dark
5. The Man The Myth The Wreck
6. The Audience Is Listening
7. Desolate
8. Deep In The Woods
9. I'm Frustrated
10. Lonely
11. Blackout Blues
12. Tritonus

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