Le sonorità proposte dalla band svedese rimbalzano dall'hard rock allo stoner, per poi piombare nel doom funereo di "Tritonus", unico esempio del genere presente all'interno dell'album. A proposito di questo brano, forse il momento migliore dell'opera, vorrei fare una piccola osservazione: nonostante la buona fattura, ricorda in modo fin troppo netto e preciso il riff in apertura di "Atom And Evil" degli Heaven&Hell.
Uno degli elementi più significativi di questo disco sono le sue chitarre, dai suoni molto pesanti e cupi: questa caratteristica avvicina i Mustasch alle sonorità delle rock/metal band statunitensi. Un esempio lampante è rappresentato dai riff di "Mine", nel quale echeggiano i System Of A Down di "Toxicity". Non mancano i riferimenti ai signori incontrastati del rock ‘n' roll, ovvero i Motörhead, nelle ritmiche travolgenti e nei testi dai toni duri e vagamente maschilisti, con i classici riferimenti al gentil sesso ed all'alcool, inseparabile croce e delizia di tanti musicisti. Per farsene un'idea, basterà ascoltare "Lonely" o "The Man, The Myth, The Wreck", brano dall'atmosfera presuntuosa ed alterata dagli effetti del whisky.
"I'm Frustrated" è un brano piuttosto anomalo, lento e struggente, accompagnato dalle chitarre acustiche, dal testo onesto e disarmante. Un brano che fa emergere il lato più delicato e romantico della band, che culmina con l'inserimento degli archi a metà brano.
In buona sostanza, ci si ritrova in mano un discreto disco di rock ‘n' roll duro e puro, composto da canzoni compatte e di discreta durata. Alla lunga i brani risultano prevedibili e leggermente monotoni, ma non per questo meno piacevoli o accattivanti, complice una produzione molto buona, curata e seguita da Tobias Lindell.
"Mustasch" è ideale come sottofondo per un viaggio con i propri amici, o una festa in buona compagnia, ma nulla più. Un disco che non mi sento di sconsigliare o di bocciare, ma che presenta un ben poche idee personali e parecchi stereotipi già sentiti in migliaia di altre occasioni.