Orden Ogan
Easton Hope

2010, AFM Records
Power Metal

Una nuova stella nel firmamento del Power Metal tedesco sta nascendo...
Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 22/01/10

All’uscita del debutto discografico ufficiale degli Orden Ogan, “Vale”, giunto dopo un decennio travagliato di demo ed autoproduzioni, il magazine Rock Hard tedesco non ha esitato a definirli, senza mezzi termini, gli “unici e legittimi eredi dei Blind Guardian”. In effetti, ascoltando le intonazioni e le soluzioni vocali intraprese dal vocalist Seeb, nonché l’ariosità epica delle aperture dei ritornelli, non si può davvero dare torto ai colleghi tedeschi.

Tuttavia, il paragone può essere calzante ma, per quanto riguarda il caso specifico di questo “Easton Hope”, anche un poco riduttivo. Sì, perché la musica degli Orden Ogan è più che un mero clone della musica di Hansi & Co., e per accorgersene basta ascoltare l’introduzione di “Rise And Ruin”, dove si avverte tutto il piacevolmente gelido sapore del sinfonismo Russo, piuttosto che la meravigliosa coda strumentale basata su granitici riff e batteria a mille del capolavoro “Nobody Leaves”. Sono canzoni molto variopinte nell’incedere quelle degli Orden Ogan, e non ci si deve stupire se la durata media dei vari pezzi supera la soglia critica dei 5 minuti, con progressioni a volte non sempre originali (la ballata per arpa e voce di “Requiem” che cresce nel più classico dramma sinfonico così tipico del Power Metal), ma comunque sempre d’impatto.

Impatto direi che è una parola chiave per descrivere bene questo lavoro: la prima volta che ascolterete una canzone degli Orden Ogan, la vostra attenzione verrà inevitabilmente catturata da un passaggio, che sia il magnifico intreccio di epici accordi di tastiera supportati a dovere da una chitarra incalzante (“Goodbye”), piuttosto che il flavour medievale di un imponente coro (“All These Dak Years”), ma ancora non potrete dire pienamente di sentire vostre le canzoni, nonostante i ritornelli strategicamente melodici. E’ nel dover concedere numerosi passaggi a quest’opera che si riesce a decifrare progressivamente la struttura musicale, rendendo questo lavoro estremamente godibile sulla lunga distanza. Quindi: sicuramente verrete raggiunti immediatamente da un deciso impatto, ma questo non vi lascerà tanto presto alla mercé della noia.

In ambito difetti direi che l’unico appunto che si può muovere alla band, oltre al fatto che alcune canzoni non propriamente incisive (come la titletrack) andrebbero limate, è quello di lavorare maggiormente sulla coesione dei vari pezzi, visto che la piratesca “We Are Pirates”, per quanto godibile ed esaltante – e cristallina nei suoi intenti sin dal titolo – risulta forse anche un po' fuori luogo.

A parte questo, direi che una nuova stella del power metal teutonico è nata e, se continuerà su questa strada, partorendo musica così dannatamente buona, la stella potrebbe davvero essere destinata a splendere molto a lungo. Ma… aspettate: si è iniziato con un paragone, ed è con un paragone che vorrei terminare. Gli eredi legittimi dei Blind Guardian? Perché no, ma con la sezione ritmica degli Epica a fare da sfondo. Se dovessi racchiudere in un claim “Easton Hope”, io userei questo.



01. Rise And Ruin
02. Nobody Leaves
03. Goodbye
04. Easton Hope
05. Welcome Liberty
06. All These Dark Years
07. Nothing Remains
08. Requiem
09. We Are Pirates
10. The Black Heart
11. Of Downfall And Decline

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