Immolation
Majesty And Decay

2010, Nuclear Blast
Death Metal

Il ragazzo è bravo, ma può dare di più...
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 05/03/10

Strano destino quello degli Immolation. Una vita passata a farsi il mazzo (scusate il francesismo) cercando invano di raggiungere la giusta considerazione anche tra coloro che non fanno colazione   con nutella e death americano, inanellando album sempre personali e di ottima fattura, tra cui va ricordato l'esaltante debutto "Dawn of Possession" (1991), senza il quale molti deathster dei giorni nostri non sarebbero mai stati battezzati a dovere. Purtroppo per diversi motivi i nostri sono sempre stati all'ombra dei grossi nomi della scena, fino alla seconda giovinezza inaugurata con "Harnessing Ruin" prima e "Shadows in the Light" poi, che li ha portati sul carro “dorato” della Nuclear Blast.

Parlando di musica non propriamente per la massa e abbastanza ostica anche per il pubblico estremo, un traguardo che parla chiaro su quello che la band ha messo in mostra con gli ultimi due lavori. Bene, album che vincono non si cambiano. Non necessariamente un problema per chi è avvezzo a queste sonorità e per una formazione che è in giro da quasi venti anni, però non possiamo non registrare un pizzico di rammarico. Arrivati al punto più alto della storia recente, al momento di sferrare la zampata/mazzata definitiva, gli Immolation partoriscono un album non così convincente come ce lo aspettavamo, mettendo in mostra sempre tanta qualità e mestiere, senza però esaltare.

Come ormai è noto, con gli Immolation siamo a New York, con un sound totalmente diverso dal più famoso versante floridiano. Riff dissonanti, melodie sinistre, atmosfere cupe ed epicità, sono marchi di fabbrica di Dolan e compagni, ben presenti anche in questo “Majesty and Decay”. Quello che manca in questo full è un pizzico di imprevedibilità, una maggior freschezza nel songwriting, qui ancora più cupo e tetragono, che se all'apparenza potrebbe essere una precisa scelta stilistica, si rivela invece, a un esame più attento, una leggera flessione di idee. Brani buoni, godibili, suonati alla perfezione, ma solamente buoni. In “Majesty and Decay” non c'è nulla di eccezionale, come se la band avesse voluto andare sul sicuro per non fallire alla prima uscita sotto la Nuclear Blast.

Così facendo però si sono tirati la zappa sui piedi, affossando il disco con una tracklist fin troppo omogenea, in cui i momenti davvero memorabili si contano sulle dita di una mano: il riffone eccezionale della title-track, un esempio di come la semplicità possa pagare quando viene filtrata da mestria e decennale esperienza, l'epicità di “A Glorious Epoch”, l'hit micidiale “The Rapture of Ghosts”, e la conclusiva “The Comfort of Cowards”. Il resto è nella media (comunque alta), con gli assoli di Bob Vigna sempre ispirati, una coesione assoluta dei membri e con la voce di Dolan sempre efficace.

Un buon disco, nulla più. Certo se con una prova normale si è capaci di tirare fuori un lavoro del genere significa che ci troviamo davanti a una band con le palle quadrate (altro francesismo). Come dicevano i professori del liceo ai miei genitori: "Il ragazzo è bravo, ma può dare di più". Ecco.



01.Intro

02.The Purge

03.A Token of Malice

04.Majesty and Decay

05.Divine Code

06.In Human Form

07.A Glorious Epoch    

08.Intro

09.A Thunderous Consequence

10.The Rapture of Ghosts

11.Power and Shame

12.The Comfort of Cowards

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