Dark End
Damned Woman And A Carcass

2009, Dead Sun Records
Black Metal

Recensione di Federico Botti - Pubblicata in data: 23/03/10

Ristampato circa tre anni dopo la sua uscita (ma stavolta con etichetta diversa), “Damned Woman And A Carcass” dei nostrani Dark End si dimostra disco di buona qualità, capace di fare presa sin da subito grazie al suo black sinfonico di ispirazione Dimmu Borgir/Cradle Of Filth.

Le atmosfere lugubri e teatralmente sinistre dettate dalle onnipresenti (ma mai troppo invasive) tastiere, accompagnano l’ascoltatore attraverso dodici tracce di buona fattura e per nulla scontate (almeno nella maggior parte dei casi); un’oretta circa sufficiente ai nostri per farsi notare come gruppo dalle ottime capacità tecniche e dalla volontà di andare oltre gli stereotipi classici del genere. Si percepisce infatti nel disco una voglia di personalizzare un suono ormai riproposto in centinaia di varianti tutte più o meno simili, caratteristica questa che non può non essere piacevolmente notata in sede di recensione.

Sono presenti diversi momenti di ottima fattura, pieni di pathos e coinvolgenti, ma su tutti segnalo sin da subito la cover di “Love Will Tear Us Apart” dei Joy Division, brano messo a chiusura del lavoro. La struttura del pezzo è tratteggiata dal flebile piano accarezzato in apertura, che sarà ben presente lungo tutto il pezzo, ottima spalla della furiosa e ferale pioggia di riff/blast beats/scream rabbioso del cantante, e supportata nel suo sofferente pianto dal vagito di un dolcissimo violino. E’ questo molto probabilmente il momento di maggior rilevanza di un disco che, nelle undici tracce a questa precedenti, ha come, anticipato, saputo regalare anche altre emozioni. Sebbene aleggi nell’aria un sentore di già sentito (presenza in ogni caso non così opprimente), si fa presto a innamorarsi di canzoni come “Vampire” (dotata di un bellissimo ritornello), “Destruction” (altro pezzo da novanta, con una seconda parte che, complice anche l’incisiva parte di violino, mi ha ricordato nel break addirittura certe cose dei My Dying Bride), “Obsession” e “The Dancing Serpent” (oltre alla già citata cover).

Il lavoro soffre forse di una certa ripetitività di fondo. Molto spesso infatti le canzoni hanno strutture tra loro simili (apertura sinfonica affidata alle tastiere, una feroce prima parte, ritornello, break arioso nuovamente affidato a tastiere e/o violino, di nuovo una sezione tirata che conduce poi alla conclusione), che alla lunga possono portare l’ascoltatore a saltare la traccia. Ciò non accade sempre, ma è innegabile che questa sensazione si ripresenti abbastanza spesso. E’ di fatto questo l’unica debolezza di “Damned Woman And A Carcass”, per tutto il resto niente da criticare.

Disco ottimamente prodotto, suonato con tecnica indubbia (spiccano soprattutto il lavoro delle chitarre, impegnate in riff interessanti e coinvolgenti) e dotato di ottime atmosfere, che farà sicuramente la felicità dei fan dei gruppi di black sinfonico più conosciuti e blasonati. I Dark End si dimostrano in definitiva realtà importante e molto promettente in ambito italiano, da premiare, come detto, non solo per la qualità di questo disco ma anche per il loro tentativo di personalizzare il genere: non sempre ce la fanno, ma ove ci riescono sanno confezionare momenti di indubbio spessore e elevato tasso emotivo.



01.Asking for Perfidious Poison
02.Vampire
03.Sed Non Satiata
04.Destruction
05.Damned Women
06.De Profundis Clamavi
07.A Carcass
08.Obsession
09.Terrible Pleasures and Frightful Sweetness
10.The Two Good Sisters
11.The Dancing Serpent
12.Love Will Tears Us Apart.

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