Originari di Austin, Texas, gli Scorpion Child sono una delle tante scommesse lanciate dalla Nuclear Blast nel tentativo di rinverdire il proprio roster e chissà, magari fare il colpaccio commerciale. Tre sono gli anni che separano il loro esordio (uscito sempre sotto l’etichetta di Donzdorf) da questo “Acid Roulette” e se per qualcuno possono sembrare molti, sono in realtà il giusto tempo per metabolizzare i numerosi riscontri positivi collezionati con il debutto, fra i quali ricordiamo un eccellente secondo posto nella classifica di Billboard.
“Acid Roulette” porta avanti il discorso piazzandosi direttamente in linea con l'opera prima grazie a un sound etereo e turbolento, che delinea con precisione il perimetro di gioco della band americana. Richiami a Black Sabbath, Led Zeppelin, Cream e al rock psichedelico di bands quali Jefferson Airplane e Grateful Dead affiorano un po’ in tutto il disco, peccato che che la band si limiti a scorrazzare dentro questo perimetro senza regalare spunti degni di nota, pur facendolo in modo formalmente ineccepibile. Se il rock fosse soltanto una questione di estetica la recensione sarebbe già bella che finita, ma non basta rubare qualche riff alle band storiche per fare un repertorio, men che meno il relativo successo di pubblico ottenuto può essere una scusante per sentirsi credibili a prescindere, glissando ogni tentativo di rinnovamento e limitandosi a fare il dovuto con il minimo sforzo. I brani del disco non sono neanche male se presi individualmente, ma alla fine delle dodici tracce gli spunti menzionabili si limitano alla melodia incalzante di “Twilight Coven” , alla fuga di Hammond della title track, e alla cavalcata di “Reaper’s Dance” nella quale affiorano persino vaghe somiglianze con gli Iron Maiden di “22 Acacia Avenue”.
Cos’altro salvare? Non certo un vocalist arroccato su tonalità alte e spaventosamente flat, così come il disco in sé, un’opera fortemente standardizzata che fatica a tenere l’ascoltatore vigile oltre l’ipotetico giro di boa. Fino a quando i cosiddetti gruppi vintage continueranno a proporre schemi consolidati ma comunque prevedibili, i fans preferiranno farsi raccontare la storia da chi l’ha davvero vissuta.