Barren Earth
On Lonely Towers

2015, Century Media
Prog / Death Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 30/03/15

Non è mai facile dare alle stampe il terzo album della propria carriera (che dovrebbe essere quello della stabilità, delle sicurezze conquistate con i due precedenti lavori), presentandosi al pubblico con un nuovo cantante. Il rischio di snaturare completamente il proprio sound, di scontentare i propri fan, è sempre in agguato. Tale rischio, quando si tratta dei Barren Earth, rimane puramente nell’ambito teorico. Nella pratica invece, il gruppo finlandese riesce a sfruttare l’ingresso in formazione di un nuovo cantante per dare un nuovo impulso alla propria musica, spostandosi di un ulteriore passo lungo la strada della sperimentazione.

Le differenze tra il fuoriuscito Mikko Kotamäki (Swallow The Sun) ed il nuovo acquisto Jón Aldará (Hamferð) si notano subito. Non tanto nel cantato in growl, dove i due cantanti sono abbastanza simili, ma soprattutto nei momenti dove Aldará deve mettere in mostra un cantato pulito. È qui che la sua voce, molto vicina all’ambito operistico, ottiene dei risultati sorprendenti: piena, potente, roca, capace di dare spazio ad un’ampia gamma di emozioni che sono il vero fulcro di questo nuovo parto del combo finandese. “On Lonely Towers”, senza nulla togliere all’ottimo reparto strumentale, deve molto all’opera del nuovo arrivato.

Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: sotto l’aspetto musicale il nuovo album non ha nessun motivo di sentirsi inferiore. Merito, sicuramente, di quella mente vulcanica che è Olli-Pekka Laine (Mannhai, ex Amorphis). “On Lonely Towers”, sebbene non al livello del disco d’esordio della band, quel “Curse Of The Red River” che a tutt’oggi rimane ineguagliato, si distingue nettamente dal precedente “The Devil's Resolve” sotto l’aspetto compositivo. Ad eccezione di “Howl” e “Frozen Processions”, brani d’apertura veloci e dal minutaggio “contenuto”, sono le restanti tracce a catturare l’attenzione dell’ascoltatore: la durata delle singole canzoni aumenta sensibilmente, fino a sforare il muro dei dieci minuti con “On Lonely Towers” e “The Vault”, i tempi si dilatano, rallentano, lasciando più spazio alla componente doom. Il modello che guardava agli Amorphis ed agli Opeth viene lasciato sempre più da parte (i momenti più legati all’ambito death metal si riducono in quantità), mentre si preferisce spaziare quanto più possibile nei vari generi musicali. La varietà è sicuramente il migliore punto di forza dell’album, sia sotto l’aspetto compositivo che sotto quello degli strumenti, lasciando infatti spazio a chitarre acustiche, strumenti ad arco, organi e finanche un sassofono (e qui il paragone, per quanto ingombrante, con i Pink Floyd ci sta perfettamente). Nonostante gli oltre sessanta minuti di lunghezza non vi è quasi alcun punto morto (l’unica nota un poco stonata è il brano “On Lonely Towers”, penalizzato da una parte centrale che sarebbe stato meglio rivedere), l’attenzione dell’ascoltatore è costantemente catturata dalle variazioni, dalle melodie, dai riff, e, naturalmente, dalla voce magnetica di Aldará. Gli amanti del prog avranno di che gioire, con piccoli gioielli nascosti un po’ lungo tutto il corso dell’album, e soprattutto con la magnifica conclusione ad opera di “The Vault”, una lunga prog jam session che difficilmente lascerà indifferenti gli amanti di tale genere.

I Barren Earth, con “On Lonely Towers”, dimostrano di aver raggiunto un ottimo livello qualitativo, sia di scrittura che di esecuzione, rivelandosi sempre più come una band difficilmente catalogabile, capace di stupire i propri fan ad ogni uscita. Con tali premesse, l’attesa di un ulteriore nuovo capitolo non può che rimanere altissima.




01. From The Depths Of Spring
02. Howl
03. Frozen Processions
04. A Shapeless Derelict
05. Set Alight
06 On Lonely Towers
07. Chaos The Songs Within
08. Sirens Of Oblivion (Bonus Track)
09. The Vault

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