Mastercastle
Wine Of Heaven

2017, Scarlet Records
Heavy Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 20/05/17

I Mastercastle riescono ogni volta a sorprendere. Dopo 9 anni di carriera ci si aspetterebbe di averli ormai inquadrati, ma ad ogni nuova uscita li si ritrova un po’ diversi. “Wine Of Heaven”, sesto album in studio del combo italiano, segue perfettamente questa linea di imprevedibilità.

La band ligure si presenta pressoché invariata rispetto al precedente “Enfer (De la Bibliothèque Nationale)”. L’unico cambio da segnalare è quello dietro alle pelli, dove Alessio Spallarossa (Sadist) va a prendere il posto di Francesco La Rosa. Massima continuità, quindi, con il programma artistico di Pier Gonella. L’ascolto dell’iniziale “Drink Of Me” non può che riportare l’ascoltatore in territori già conosciuti ed il gap con “Enfer (De la Bibliothèque Nationale)” è poca cosa, sebbene si inizino già a sentire alcune differenze. Da “Space Of Variations” in poi l’atmosfera è ben altra cosa. Ci troviamo di fronte ad un heavy metal molto più diretto, graziato da una produzione che sembra aver lavorato per sottrazione. Il risultato è un lotto di brani che presentano un’anima di fondo molto più oscura e malinconica che in passato. Il cantato di Giorgia Gueglio, che negli album precedenti ci aveva abituato a prestazioni eccelse ma più focalizzate su toni alti e taglienti, in questo caso dosa la propria arte e si rende autrice di una grandissima performance che trasmette sensazioni ed incanta. “Black Tree's Heart”, da questo punto di vista, risulta la più rappresentativa. Lascia un po’ spiazzata l’inclusione di due cover a chiusura dell’album. Sarebbe stato più interessante poter ascoltare altre due composizioni inedite per rafforzare maggiormente l’atmosfera che scorre lungo il disco. La prima delle due è “Castle In The Sky”, rivisitazione della musica di Joe Hisaishi per Tenkū no shiro Rapyuta (da noi “Laputa - Castello nel cielo”, lungometraggio del 1986 del geniale Hayao Miyazaki), che viene spogliata delle orchestrazioni dell’originale ed acquista una pesantezza maggiore, pur mantenendo inalterata la componente sognante del brano di partenza. L’altra cover è invece “Making Love” di Yngwie Malmsteen, dall’album “Eclipse” del 1990. In questo caso la band non si discosta molto dall’originale e l’esecuzione di Gonella non riesce ad arrivare ai livelli di tecnicismo di Malmsteen. 

“Wine Of Heaven” non lascia certo scontenti. L’ottima alchimia tra tastiere e chitarra crea la giusta impalcatura dove la Gueglio può donare carattere ed introspezione ai testi da lei scritti. I Mastercastle continuano ad affascinare, soprattutto in quest’ottica oscura e pesante. A seconda dei propri gusti personali si può rimanere più colpiti da questo o da quel particolare all’interno della musica della band, ma i singoli elementi fortunatamente non rimangono isolati e riescono a dare vita ad un’unità autonoma. Un album che, nonostante il suo essere diretto, acquista maggiore profondità ad ogni nuovo ascolto.



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