Gorillaz
Humanz

2017, Parlophone, Warner Bros
Trip Pop / Pop

L’atipica “festa” dei Gorillaz non manca di vivande, musica ed invitati… Ma si torna a casa con qualche mal di testa di troppo.

Recensione di Giovanni Maria Dettori - Pubblicata in data: 29/04/17

Il progetto Gorillaz rappresenta una delle più bizzarre quanto affascinanti pagine della musica contemporanea. Un qualcosa a cavallo tra fumetto e musica, una band/non band virtuale capace prima di esibirsi digitalmente sottoforma di ologramma (anticipando alcune inquietanti tendenze che vediamo oggi portare avanti anche nel caso di star affermatissime), per poi comparire invece dal vivo con un ensemble spesso ricco e variegato. Una band che è tutto e il contrario di tutto, che nella sua stravaganza e nella sua costante ricerca di realizzazione fa parlare di sé ogni qualvolta riemerga dagli studi e che soprattutto ha saputo unire un pubblico vasto esattamente come vaste sono le proprie tendenze musicali e stilistiche.
 
  
Il neonato “Humanz” aveva iniziato a sollevare interesse già da tempo, fin dai rumors secondo cui si sarebbe trattato di un disco impegnato politicamente (e a dirlo non erano state le vecchiette di paese, ma nientepopodimeno che il The Guardian), con tanto di riferimenti ai due "Big Bang" del folle anno 2016: il Presidentissimo Donald Trump e la Brexit. Stupisce invece constatare come la nuova prova discografica di Damon Albarn & Co. altro non sia che il degno proseguimento di "Plastic Beach", con cui condivide un concept che in questo caso è il racconto di una festa prima dell’apocalisse. E soprattutto che la critica sociale o politica sia ben più celata del previsto. Rispetto al precedente lavoro però il nuovo disco prende direzioni ancora più diverse e insospettabili, con un variare di collaborazioni, sonorità e forme che fanno girare la testa, come in un grande e scintillante museo degli specchi… Qualche immagine riflessa però risulta un po’ meno a fuoco stavolta.
 
 
Nella sconfinata tracklist della versione deluxe, (resa disponibile a tutti anche sui social, con ben 26 tracce, di cui però 7 sono introduzioni/skit) non manca il clima festaiolo, con suoni elettronici a cavallo tra il trip-hop, l’hip-hop, il synth-pop, la trap e la dance. L’opening con "Ascension" è una drum and bass intensa ed insolita, con il rap di Vince Staples a scandirne le fasi. "Strobelite" e "Saturn Barz", alcune delle tracce più fresche della prima metà del disco, nella loro diversità sono la stessa faccia dell’imprevedibilità del party offerto dai Gorillaz, pur non facendo strabuzzare gli occhi dalle orbite, con il primo brano fortemente ancorato alla dance anni ’80 (con una divertente contaminazione di tastiere retrò nel mezzo) ed il secondo con i tenui intermezzi di Albarn a conciliarsi con l’intensità metrica e del ragga-flow di Popcaan. Il ritorno dei De La Soul, protagonisti in passato per altro della magnifica "Feel Good Inc.", dall’ormai cult "Demon Days", dà il via a "Momentz", un caotico stomp-rap che tra autotune, colpi di cassa e bassi fa saltare di gioia e piace fin dal primo ascolto.
 
 
Lanciando il dado dalle infinite facce del genio di Albarn, si arriva a "Submission", che coinvolge senza sconvolgere e che, insieme ad "Andromeda", chiude la prima parte del disco (molto vicina alle sonorità di "Plastic Beach") con un synth-pop da tramonto al mare. La seconda parte di "Humanz", dopo uno dei tanti intermezzi che spezzano l’album, ma che perseguono il filo del concept che ne è alla base, si mostra ancora più densa, con collaborazioni ancora più numerose che purtroppo non sempre rispettano le interessanti premesse. In primis "Hallelujah Money", con la profonda voce soul di Benjamin Clementine, che resuscita "My Way" di Frank Sinatra per celebrare una non brillantissima messa in onore del vile denaro. "The Apprentice" alza poi il livello del disco: una placida base elettronica su cui Zebra Katz, Ray BLK, ma soprattutto Rag'n'Bone Man (astro nascente dell'R'n'b), riescono nel compito di non suonare canonici in un album dalle fortissime contaminazioni hip hop, di cui sono un'ennesima prova "Let Me Out" e la frizzante "Out Of The Body".
 
 
Tra le tante notizie che avevano anticipato l’uscita del disco, si era parlato della presenza di Noel Gallagher, con cui ora i rapporti sembrano essere di stima e affetto, mentre un tempo era lo storico rivale di Albarn nella faida, molto giornalistica, tra Oasis e Blur. Dispiace constatare come in "We Got The Power" la voce di Noel nei cori non sia particolarmente palpabile. Tra le tante collaborazioni presenti, probabilmente questa avrebbe potuto ritagliarsi uno spazio maggiore e più solido. Sicuramente avrebbe alzato il livello del disco e magari avrebbe fatto morire di invidia il “buon” Liam. Peccato.
 
 
La conclusione invece, dopo tante parentesi vive e luminose, arriva con le placide "Ticker Tape" e "Circle Of Friendz", dove la voce di Albarn si ritaglia uno spazio più importante e scalda l’ambiente. Il party giunge al suo compimento, e dopo gli eccessi e le danze, è dunque ora di riprendere fiato e confrontarsi con la fine del mondo, che altro non è che la vita quotidiana di ognuno di noi, con le proprie scelte sbagliate e un generale senso di disagio.
 
 
"Humanz" è un capitolo della saga dei Gorillaz carico, anzi sovraccarico, di suoni, artisti e melodie. Nella gigantesca tracklist figurano allo stesso tempo parentesi convincenti, ma anche, ahinoi, alcune tracce non proprio memorabili, un po’ vittime degli eccessi collaborazionistici e sonori che non sempre hanno una forma decifrabile. Non che si debba impazzire per le definizioni musicali o stilistiche, o per le forme precise, ma nel caotico festino di Damon Albarn qualcosa scricchiola, seppur il livello generale del lavoro non sia basso, anzi tutt’altro. In tutto ciò, l’idea che ci eravamo fatti del gruppo è nuovamente messa in discussione, ma questo altro non è che la stessa essenza dei Gorillaz. Cosa si può dunque recriminare? “Humanz” è massiccio ed esagerato… Peccato che Damon Albarn sia stato letteralmente seppellito dal mare di invitati, anche da un punto di vista vocale, e che, tutto sommato, le strutture elettroniche dell’album non siano particolarmente vive o innovative rispetto ai precedenti lavori. Ma nella gigantesca mole di canzoni, qualche capitolo interessante è comunque riuscito a prendersi il giusto spazio. La festa però nel complesso ci è piaciuta, magari non la ricorderemo per il resto dei nostri giorni, ma gli incontri, gli episodi e le vivande ci hanno comunque lasciati con il sorriso il mattino dopo. 
 
 
La vita però, apocalisse a parte, va avanti, e di quella notte forse ricorderemo sempre meno. 





01 “Intro: I Switched My Robot Off”
02 “Ascension” (Feat. Vince Staples)
03 “Strobelite” (Feat. Peven Everett)
04 “Saturnz Barz” (Feat. Popcaan)
05 “Momentz” (Feat. De La Soul)
06 “Interlude: The Non-conformist Oath”
07 “Submission” (Feat. Danny Brown & Kelela)
08 “Charger” (Feat. Grace Jones)
09 “Interlude: Elevator Going Up”
10 “Andromeda” (Feat. D.R.A.M.)
11 “Busted And Blue”
12 “Interlude: Talk Radio”
13 “Carnival” (Feat. Anthony Hamilton)
14 “Let Me Out” (Feat. Mavis Staples & Pusha T)
15 “Interlude: Penthouse”
16 “Sex Murder Party” (Feat. Jamie Principle & Zebra Katz)
17 “She’s My Collar” (Feat. Kali Uchis)
18 “Interlude: The Elephant”
19 “Hallelujah Money” (Feat. Benjamin Clementine)
20 “We Got The Power” (Feat. Jehnny Beth)
21. “Interlude: New World”
 
Deluxe Tracks:
22 “The Apprentice” (Feat. Rag’n’ Bone Man, Zebra Katz, and RAY BLK)
23 “Halfway To The Halfway House” (Feat. Peven Everett)
24 “Out Of Body” (Feat. Kilo Kish, Zebra Katz, and Imani Vonshà)
25 “Ticker Tape” (Feat. Carly Simon and Kali Uchis)
26 “Circle Of Friendz” (Feat. Brandon Markell Holmes)

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