Imperial Triumphant
Alphaville

2020, Century Media Records
Avantgarde

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 28/07/20

Nel 2018 l'uscita di "Vile Luxury" aveva mostrato degli Imperial Thriumphant tanto affascinanti quanto pretenziosi: il tentativo di inscrivere il proprio nome nella cerchia nobile dell'avanguardia estrema si risolse con un album singhiozzante e slegato, nonostante alcuni momenti decisamente convincenti. Nel nuovo "Alphaville", il cui titolo ricorda non a caso un celebre film di fantascienza a firma Jean-Luc Godard, gli statunitensi scelgono a mo' di soggetto una tentacolare e distopica New York, città d'origine della band e protagonista principale dei precedenti lavori. Il disco ruota attorno a diversi livelli sonori assemblati per coinvolgere l'ascoltatore in un'esperienza unica e inquietante, una passeggiata da incubo attraverso le avenue di una metropoli famelica, enorme, alienante. E malgrado la densità di una scaletta che mescola Gorguts, Portal, Ornette Coleman e Cannibal Corpse in un mostro fluttuante non sempre facile da digerire, la relativa - e benefica - semplificazione operata dal gruppo rispetto al passato permette una fruizione meno ostica e ingrata dell'opera.
 
Il punto di forza del songwriting sta nel riuscito connubio tra la visionarietà prospettica degli ossessi e la concretezza mistica dei narratori noir: la Big Apple "alternativa" rappresentata nel platter brulica di voci di periferia, di rumori di stazioni ferroviarie e di frequenze radio, si ramifica in grandi viali rettilinei pieni di riff bizzarri, nodosi, pachidermici, sussulta di ottoni, campionamenti e improvvisi cambi di ritmo, consumando senza vergogna violenti amplessi con il free jazz più esclusivo e fumoso ("Transmission To Mercury" docet). Il basso, a volte agile, a volte corposo e travolgente, a volte intinto di psichedelia urbana, cerca di creare un collegamento sottile, un legame tenue e quasi invisibile in grado di tenere le fila di un cut-up caotico e malvagio.
 
"Rotted Futures" ed "Excelsior" restituiscono l'impressione di una discesa all'inferno, di un abisso cinereo e soffocante, di frenetiche dissonanze blackened death di cupo sapore industriale; d'altro canto, il Wadaiko di "City Swine", tamburo tradizionale giapponese per l'occasione nelle mani di Tomas Haake (Meshuggah), e l'introduzione a capella, stile Barbershop Quartet, di "Atomic Age", costituiscono ulteriori elementi esotici e stranianti per brani in sé già instabili e vorticosi. Tensioni e interruzioni, flussi e riflussi, contrazione e rilassamento caratterizzano il respiro della title track, mentre "The Greater Good", nel mezzo di dinamiche folli ed esaltate, fionda Fritz Lang in un bordello sordido e sontuoso degli anni '40. Chiudono il lotto due cover, "Experiment" (Voivod) ed "Happy Home" (The Residents), così deformate dal linguaggio verticista del trio da risultare perfettamente congrue al progetto.
 
Palazzi dorati, sgargianti limousine, lusso scatenato: dietro le apparenze, però, si nasconde un sistema oppressivo e dittatoriale che sa di piombo e grigiore, e nel quale gli Imperial Triumphant si ergono come statue di metallo di natura senziente. Perché la Grande Mela è bacata sino all'osso.




01. Rotted Futures
02. Excelsior
03. City Swine
04. Atomic Age
05. Transmission To Mercury
06. Alphaville
07. The Greater Good
08. Experiment
09. Happy Home

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