Se lo struggente "Holy Hell" (2018) è stato l'apice della sofferenza, un album di celebrazione della morte e della vita al tempo stesso, una sorta di necessità terapeutica per elaborare la perdita di Tom Searle, "For Those That Wish To Exist", nono album in studio degli Architects, ne raccoglie i primi nuovi raggi di luce.

Dunque, i temi sono seri, assolutamente tragici e vengono affrontati con senso di consapevolezza, ma non di remissività, con rabbia, ma per esprimerne l'urgenza, e con quel tanto di cinismo che è insito nella "filosofia Architects". Questi chiaroscuri prendono vita nella composizione e nelle direzioni sonore: gli Architects hanno voglia di giocare con pad, synth e orchestrazioni, avvolgendo di sfumature nuove e più brillanti il cuore del loro sound, la durezza dei riff, la cupezza delle progressioni delle chitarre, la pesantezza cadenzata delle ritmiche. Questi elementi sembrano assumere una nuova importanza rispetto al passato, come nell'intro "Do You Dream Of Armageddon?" costruita su un'intreccio da colonna sonora di orchestra ed elettronica, nella chiosa acustico-orchestrale "Dying Is Absolutely Safe", o nei pattern sintetici di "Flight Without Feathers", e così via in tutto il disco.
Nonostante la tragicità, "For Those That Wish To Exist" è un album entusiasta: ci immaginiamo una band ispirata che scrive, dei musicisti eccitati lavorare su questi brani che vogliono condividere da subito realizzando ben tre collaborazioni, "Impermanence" con Winston McCall dei Parkway Drive, "Little Wonder" con Mike Kerr dei Royal Blood, e "Goliath", che ospita un Simon Neil dei Biffy Clyro furioso che canta e poi grida a pieni polmoni: "Long live the king that's not listening/No time for rats in the gutter/Snakes coiling, but we're signalling/Screaming at one another/Smoke 'em out and set a fire in the hive/They wouldn't break their stride if we were burning alive/Burning alive" (un inglese e uno scozzese, e non è affatto una gag).
Non possiamo sapere se "For Those That Wish To Exist" sia un album di passaggio o un nuovo inizio. È di certo un album ricco, avvincente, un'esperienza di cui sicuramente gli Architects avevano bisogno. E noi ne godiamo.