Atreyu
Long Live

2015, Spinefarm Records
Metalcore

Un insieme di canzoni caratterizzate dalla forumula 'Keep it Simple', molto indicata per un singolo, ma non per un full-lenght.
Recensione di Claudio Maroni - Pubblicata in data: 21/09/15

Sono passati sei anni dall'ultimo album "Congregation of the Damned" e speravamo che in questo lasso di tempo gli Atreyu si fossero schiariti per bene le idee, ed avessero messo su un insieme di pezzi validi. E così è stato, ma in parte. Quello che ci si para davanti è un prodotto capace di suscitare sentimenti contrastanti nell'ascoltatore, con momenti musicali veramente interessanti, seguiti da momenti di calma piatta per quanto concerne l'encefalogramma emotivo del fruitore.

 

L'esempio migliore per esplicare questo concetto è all'inizio dell'album stesso: il disco si apre con un'incalzante "Long Live", validissimo pezzo d'apertura capace di mettere sull'attenti e spianare la strada come si deve ad un album appena iniziato. Ritmiche serrate e cariche di groove si uniscono a ritornelli estremamente melodici ed orecchiabili, trovando lo spazio anche per un solo di chitarra. Il singolo perfetto. Si passa subito ad un riff di chitarra che introduce "Live to Labor", pezzo ancora più spinto nelle strofe e melodico nei ritornelli (con melodie che ammiccano in maniera vistosissima al Rock americano più commerciale) che sa farsi piacere nella sua semplicità, anche grazie ad un bel lavoro chitarristico nel mezzo. "I Would Kill/Lie/Die (For You), riporta un po' di calma tra i ranghi dei BPM, senza però perdere il tiro. "Cut Off The Head" è la prima vera variazione dal metalcore classico, con un sapore decisamente più post-hardcore. A questo punto, però, la sensazione che si andava via via creando durante i primi minuti d'ascolto inizia veramente a radicarsi: i pezzi, seppur ben diversificati melodicamente ed armonicamente uno dall'altro, hanno una struttura troppo simile tra loro. "A Bitter Broken Memory" e "Do You Know Who You Are" (l'intro di quest'ultima è una chiara citazione alla storica "We Will Rock You"), non fanno altro che confermare quell'infido sospetto che si insidiava poco a poco nella mente dell'ascoltatore. La strumentale "Revival" riesce a rialzare, seppur per brevi momenti, l'ormai sopita attenzione, che rischiava di passare dal sonno al coma irreversibile. "Heartbeats And Flatlines" riesce a tenere l'attenzione a livelli accettabili, proponendo un metal up-beat senza troppe pretese.


"Brass Balls" è la vera pecora nera all'interno del gregge, un pezzo dai toni mostruosamente hard rock, capace di fornire un gradito momento di stacco se preso con goliardia e come "special" all'interno del disco, che altrimenti potrebbe risultare completamente avulso dal contesto del resto dell'opera. Con "Moments Before Dawn", "Start To Break", "Reckless" e la conclusiva "So Others May Live", torniamo al caro vecchio metalcore, nel bene e nel male.

 

Sommando tutti i diversi fattori si può giungere alla conclusione che questo album è pieno di brani che funzionerebbero meglio se presi singolarmente. La difficoltà nell'uscire dal circolo vizioso intro/strofa/ritornello/breakdown/ritornello è uno degli handicap più evidenti di "Long Live", che se sommata alla lunghezza (50 minuti circa), potrebbe irrimediabilmente annoiare e rovinare l'esperienza d'ascolto.





01. Long Live
02. Live to Labor
03. I Would Kill/Lie/Die (For You)
04. Cut Off the Head
05. A Bitter Broken Memory
06. Do You Know Who You Are
07. Revival (Interlude)
08. Heartbeats and Flatlines
09. Brass Balls
10. Moments Before Dawn
11. Start to Break
12. Reckless

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