Atrocity
Okkult

2013, Napalm Records
Death Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 01/05/13

Con il nuovo album degli Atrocity si potrebbe parlare del ritorno del figliol prodigo: il quartetto tedesco, già autore agli inizi della propria carriera di buoni album di death metal tecnico per poi passare verso composizioni più affini al gothic ed all’industrial, ritorna a quelle stesse sonorità che ne avevano decretato il successo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Alexander Krull (voce e mente dietro agli Atrocity), Thorsten Bauer (chitarra e basso), Sander van der Meer (chitarra) e Joris Nijenhuis (batteria) questa volta hanno voluto fare le cose in grande e quindi hanno pensato bene di avvalersi della collaborazione della Lingua Mortis Orchestra (già presente su diversi album dei Rage).

Dietro una non troppo esaltante copertina (ma comunque in tema con la materia trattata) si nascondono dodici tracce di pura violenza, dove il contributo sinfonico dato dagli strumenti e dai cori orchestrali non stravolge affatto l’operato dei quattro musicisti tedeschi, principalmente presente nelle introduzioni sinfoniche di alcuni brani o ben amalgamato all’interno delle composizioni, mentre i cori sono quasi sempre sostenuti dalla voce di Krull. Nonostante questo innesto sinfonico l’album è sicuramente più vicino alle sonortà dei Septic Flesh che non a quelle dei Therion. Tutta la band svolge egregiamente i propri compiti ma, senza nulla togliere agli altri, sicuramente degni di menzione sono Joris Nijenhuis, che si produce in blast beat dirompenti nei pezzi più tirati per poi stemperarsi con grande maestria quando la velocità della canzone diminuisce, ed Alexander Krull, che ci delizia per tutto l’album con il suo growl aspro che ben trasmette la malignità e la diabolicità che permea ogni singola traccia, grazie anche a testi ispirati e connessi con l’occulto.

L’album si apre con l’eterea introduzione orchestrale di “Pandaemonium” per poi dare libero sfogo alla violenza attraverso blast beat di batteria e riff di chitarra tiratissimi, lasciando piccoli momenti di calma ad opera dei cori orchestrali. In quest’ottica si svilupperà tutto l’album, dove a tracce più veloci e pesanti come “Death By Metal” o “March Of The Undying” in pieno stile death metal si alterneranno brani più “leggeri” quali “Haunted By Demons” (che presenta riff molti più classici) o “Satan's Braut” (che con la sua cadenza marziale ed il cantato in tedesco può ricordare alla lontana i Rammstein meno elettronici) o ancora la conclusiva “La Voisine”.

Grosso pregio di questo nuovo disco è il non presentare canzoni di qualità scadente o puramente riempitive, eccezion fatta per “Todesstimmen”: 1 minuto e 59 secondi strumentali, che si incastra con difficoltà all’interno della scaletta, difficilmente catalogabile non essendo nè un’introduzione alla successiva traccia, nè una coda di quella precedente, ma che almeno mantiene costante quell’atmosfera malsana ed infernale che aleggia per tutto l’album.

Il nuovo corso degli Atrocity, dopo la parentesi di cover di canzoni anni ’80 di “Werk 80 II” (2008) e quella folk di “After The Storm” (2010) farà sicuramente contenti i fan di più vecchia data, soprattutto nell’ottica della trilogia di cui questo album è solo la prima parte.



01. Pandaemonium
02. Death By Metal
03. March Of The Undying
04. Haunted By Demons
05. Murder Blood Assasination
06. Necromancy Divine
07. Satan's Braut
08. Todesstimmen
09. Masaya (Boca Del Infierno)
10. When Empires Fall To Dust
11. Beyond Perpetual Ice
12. La Voisine

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool