Benea Reach
Possession

2013, Spinefarm Records
Metalcore/Prog Metal

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 28/03/13

Non si è mai abbastanza pronti per un album di questo genere, di questa classe. Potrebbe non essere un inizio proprio entusiasmante per una recensione, ma è proprio la frase qua sopra, nella sua semplicità, a spiegare i contenuti del nuovo lavoro dei norvegesi Benea Reach. In realtà bisogna ammettere che questo “Possession” non è proprio un disco per tutti, talmente varia e disarmante è la proposta che anche solo pensare di affibbiare un etichetta così, giusto per riporla in un determinato ripiano, sarebbe abbastanza difficile. Ci troviamo davanti una band che porta con sé elementi metalcore, progressive, in alcuni casi industrial, fino ad arrivare senza troppi sforzi al paragone con gli enigmatici ma brillanti Cult Of Luna, alfieri del cosiddetto “atmospheric sludge”. Eppure, se credete che siano solo queste le caratteristiche che fanno di quest’album una “roccia preziosa” vi sbagliate.


Tanto per cominciare, chi non conosce il cantante dei Benea Reach deve concedere ai Nostri almeno un ascolto. Abbiamo davanti un frontman che si divide essenzialmente in tre diversi vocalist, tant’è che durante l’ascolto vi capiterà di chiedervi chi stia cantando in quel preciso momento. Ilkka sfoggia un “doppio” scream veramente variopinto, ora stridulo e psicopatico, ora massiccio e grossolano, impreziosito da una capacità non proprio comune nel controllo dell’intonazione e della pronuncia. Ma manca il fantomatico terzo vocalist all’appello, giusto? Infatti il nostro Ilkka controlla molto bene anche le proprie clean vocals, risultando la maggior parte delle volte interpretativo ed espressivo.


E se ancora non vi basta, ascoltate il batterista Marco, e capirete che le influenze alla Meshuggah si aggiungono subito alla lista di influenze che confluiscono nella proposta della band. Il sound dei Benea Reach, del resto, è in continuo mutamento e durante l’ascolto è facile rimanere sorpresi. “Desolate” né è la prova: una canzone che si discosta molto dalle altre, dove la bravissima guest Ingvill Østgaard accompagna la band nella scoperta di un lato meno duro, meno in-your-face. Ottima la sensazione ricreata dalla successiva “Nocturnal”, una traccia tecnicamente più dura, ma attraversata da clean vocals “lenitive” che riescono a collegare entrambi i brani in un'unica grande emozione. Un'esplosione iniziale ed un silenzio a metà brano, con l’incastonamento di un violino anomalo, sono le peculiarità di “Fallen”, vera e propria mutaforma dell’album. Ottima la finale “Aura” – vera anima dell’album – ancora una volta fregiata dalle vocals femminili di Ingvill Østgaard e Maria Solheim, legate quasi da un incantesimo oscuro quanto lucente alle clean vocals apocalittiche di Ilkka.


Un buon album quello dei Benea Reach, trainato da una buona produzione e da buone idee di base. Il pericolo, quando si mette così tanta carne al fuoco, è che il risultato non sia proprio quello sperato, ma per adesso i Nostri sembrano avere raggiunto un buon equilibrio e speriamo che questo venga mantenuto lungo il loro cammino musicale.





01. Woodland
02. The Mountain
03. Desolate
04. Nocturnal
05. Crown
06. Empire
07. Shedding Skin
08. Fallen
09. Constellation
10. The Dark
11. Aura

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool