Ladies and gentlemen, ecco a voi i Breed 77, il vostro gruppo rock di fiducia direttamente da...Gibilterra. La prima cosa che salta all'occhio leggendo una qualunque biografia di questi signori è proprio la terra di provenienza, quel piccolo lembo di terra britannica collocato appena sotto la Spagna. Se questo abbia dei risvolti nella loro proposta musicale non mi è dato sapere, ma i Breed 77 rientrano nella definizione di “flamenco metal” (il secondo elemento che fa alzare il sopracciglio), segno che la band ha assorbito qualcosa delle tradizioni spagnoleggianti.
In realtà questo “The Evil Inside”, sesto album del quintetto, non presenta grosse tracce di flamenco o, più in generale, influenze latin: trattasi infatti di un discreto incrocio tra le correnti alternative, intese come rock e metal. Prendete dunque i riff e l'aggressività della scena nu, in particolare P.O.D. e Korn – ma anche altri mille gruppi fortemente ispirati dai leader del movimento – e mescolate con abbondanti dosi di melodia in stile post-grunge (Alter Bridge su tutti). Le coordinate su cui si muove “The Evil Inside” sono grossomodo queste, e date le premesse non aspettatevi neanche troppe sorprese o chissà quale trovata originale.
Che poi il disco scorre piacevolmente, forte di undici tracce ben congegnate e dal facile appeal, e di una produzione limpida che esalta voce e chitarre. La prova dietro al microfono di Paul Isola varia da passaggi melodici a momenti più aggressivi (quelli in cui la voce del frontman si esprime al meglio, dato che nei puliti risulta eccessivamente nasale), la sezione ritmica si fa rispettare accompagnando il guitar work, costituito da buoni riff e alcuni assoli interessanti. I refrain di pezzi quali “Fear” o “Bring on the rain” (non a caso scelto come singolo, nonché uno dei pochi brani in cui si odono i richiami al flamenco, nell'introduzione affidata ad un arpeggio acustico) sono di sicura presa sull'ascoltatore, tanto che non sarà difficile canticchiarli dopo appena un paio di ascolti, mentre l'anima rock viene fuori soprattutto in episodi come la title-track e “Motionless”, che richiamano i già citati Alter Bridge. Però non di solo mid tempo vive l'uomo, ed ecco una sferzata come “Face” ad interrompere un po' l'andazzo che si respira per quasi tutto il corso del disco: magari un altro paio di brani veloci avrebbe migliorato l'impatto di “The Evil Inside”, in questo senso troppo monocorde.
Fossimo a scuola, il giudizio sarebbe simile a quello di uno studente che studia e si applica ma più di tanto non riesce ad ottenere: una sufficienza abbondante quindi, un po' perché non c'è nulla di veramente innovativo tra le pieghe dell'album, un po' perché i Breed 77 restano una band che può divertire per alcuni ascolti, ma che cammina sulla sottile linea che separa il successo di pubblico al baratro del dimenticatoio. Esattamente il posto dove rischia di finire “The Evil Inside” dopo appena qualche giorno passato nello stereo e nei lettori mp3.
Breed 77
The Evil Inside
2013, Frostbyte Media Inc
Alternative Metal
01. Drown
02. Broken pieces
03. Fear
04. Looking for myself
05. Bring on the rain
06. Low
07. The evil inside
08. Higher
09. Face
10. Burn city burn
11. Motionless