Charon
The Dying Daylights

2003, Spinefarm Records
Gothic Metal

Recensione di Costanza Colombo - Pubblicata in data: 04/12/16

Genuino compendio di amore e morte, il quarto lavoro di quelli che furono tra i più illustri gregari del gothic metal finnico altro non è che pura dicotomia di tali antipodi.

 

Che si tratti del riverbero elettrico di "Failed" in apertura, dei suadenti abissi sfiorati dall'inestimabile voce di Juha-Pekka Leppäluoto in "Brief War", oppure della fluida e viscerale perfezione di "If", quello che può venire considerato il miglior frutto degli Charon, è riassunto anche solo dell'esemplare "Religious/Delicious". Nemmeno 4 minuti di graffianti accordi, squisitamente in tiro, a sostenere la corte stregata di re JPL e di un eccezionale Marco Hietala (Tarot, Nightwish e anche Northen Kings con lo stesso Leppäluoto e Toni Kakko) che, coi suoi ruggiti, affianca il compatriota sul cruciale "Love is a guest in the house of the death".

 

Altro ricordo imprescindibile, di quella storia che va svanendo in copertina, è la centrale "Guilt On Skin". Subdola e assetata melodia, entra in circolo con l'enfasi e il senso di benedizione della prima dose dopo mesi d'astinenza. È amplesso di chitarre in indistricabile lussuria, quell'overdose of beauty sulla pelle della musa in controcanto. La stessa controparte eternamente desiderata ma al contempo destinata a venir consumata, in ogni senso del termine, come sarà anche nel successivo "Song For The Sinners".

 

Gli Charon sono anche l'altalena di "Unbreak, Unchain", nella quale la voce di JPL vibra come se la sua cassa toracica fosse un contrabbasso, e le ben più vivaci e catchy "In Trust Of No One" e "Drive" a confermare la completezza di una tracklist a tutto tondo capace di resistere alle più intense sessioni di loop.

 

A chiudere la bitter race, quella già condannata in partenza, ci pensano gli echi, i vibrati e le riprese di "No Saint". Proprio sulla sua parte strumentale si finisce di assorbire l'evanescente valore di quelle luci morenti a cui il tutto è dedicato. La speranza è che, nonostante lo scioglimento della band, quanto resta di quella casa e del suo fantasma, non venga dimenticata.

 

"To the hell and back where we belong".





1. Failed
2. Religious/Delicious
3. Death Can Dance
4. In Brief War
5. Guilt On Skin
6. Unbreak, Unchain
7. Drive
8. Every Failure
9. In Trust Of No One
10. If
11. No Saint

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