Coldplay
A Head Full of Dreams

2015, Parlophone
Pop

Non è un party ma potrebbe esserlo. Non è un disco ma è il nuovo disco dei Coldplay.

Recensione di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 03/12/15

Un piano - come ai bei tempi - di spessore, una chitarrina alla Daft Punk, il ritmo dettato dalle intuizioni di chi il mercato lo impone, Gwyneth Paltrow fuori dal grande schermo, la prole e la fidanzata di Martin, Tove Lo, Beyoncè, Noel Gallagher, Merry Clayton, persino Brian Eno. Non è un party ma potrebbe esserlo. Non è un disco ma è il nuovo disco dei Coldplay.


Sensorialmente e stilisticamente simile a "Mylo Xyloto", "A Head Full of Dreams" si pone, sereno e maestoso, come capostipite decennale del Pop moderno, massimizzando le collaborazioni, minimizzando le variazioni. Finalmente coerente, persuasivo, beatamente minimale. È giunto il tempo in cui non serve altro se non la notizia del ritorno per potersi sorprendere dell'unione di tre tracce: la linea di chitarra, quella intensa e appagante che solo il pianoforte elargisce, e quella vocale, il timbro inconfondibile di chi, nella luce, rivela i momenti più intimi e allo stesso tempo coinvolgenti dell'eterno vagare.


Dopo la teatrale freddezza di "Ghost Stories", "A Head Full of Dreams" è - nella sostanza e nelle parole di Martin - la chiusura di un cerchio. Descritto - profezia dalla dubbia realizzazione ma non da sottovalutare - dalla rete come il "probabile ultimo disco dei Coldplay", è senz'altro un'opera che, al di là della scimmiottata anteprima con "Adventure Of A Lifetime", vuole evidenziare concetti globali quali ecologia e fratellanza, concetti reali e frammenti di storia, come "Amazing Grace" cantata da Barack Obama ai funerali del Reverendo Pinckney a Charleston.


Poteva Chris Martin vestire il ruolo di Mecenate e avvalersi di featuring meno fragorosi, lanciando ad esempio qualche giovane astro nel cielo di cui lui stesso è stella fissa? È forse questo l'unico rammarico di un album solido e visionario, che lascia incantati, come davanti ad un carillon, giocattolo che bene interpreta il ritorno dei Coldplay nel cuore di chi li ha amati dalla fine degli anni '90.


I Coldplay, dunque, fanno tutto bene, senza esagerare in escalation mediatiche, consegnando al mondo un disco che, più che esternare storie e pensieri, è un invito al contributo idilliaco. È un contenitore di sogni ed ispirazioni da cui i quattro ambasciatori lanciano slogan di armonia e, finalmente, pace, mettendo nelle mani di chi ascolta un pennello. Per permettere a tutti di disegnare il proprio sogno.





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