Circa una decina d'anni fa il thrash metal ritornava prepotentemente in auge vivendo, di fatto, una seconda giovinezza. Da ogni angolo del globo uscivano nuove band, alcune valide, altre meno, che, per sano entusiasmo o genuina ammirazione, ripercorrevano le tracce di gruppi come Slayer, D.R.I., Anthrax e compagnia bella. Possiamo ammettere che all'inizio questa nuova corrente potesse risultare entusiasmante, salvo poi iniziare a dubitare della sua reale sincerità perché, come è ben facile capire, tributare un certo sound non vuol dire necessariamente scopiazzarlo. Giubbini con le toppe degli artisti più amati, converse alte fino alla caviglia, jeans aderentissimi e aria da beazzone perennemente avvinazzato erano diventati una costante che, spesso, mirava a coprire una proposta artistica piuttosto scadente. Da subito, quindi, era facile immaginare che solamente i cavalli di razza avrebbero fatto strada all'interno di un calderone alimentato da tanto entusiasmo, ma anche da palese mancanza di personalità.
A distanza di poco più di dieci anni dal loro esordio , gli statunitensi Havok ci riprovano con "Conformicide", full-lenght edito dalla Century Media. La terza fatica in studio del gruppo capitanato da David Sanchez non si discosta granché da quanto proposto nei due lavori precedenti. La formula, infatti, è sempre quella: thrash metal potente, diretto come un pugno in pieno volto e, particolare non da poco, suonato con una perizia tecnica davvero notevole. Peculiarità, questa, che li differenzia prepotentemente dalle formazioni nate più o meno nello stesso periodo. Il disco si apre con "F.P.C.", il cui arpeggio iniziale richiama alla mente gli Annihilator dei tempi d'oro. In questo pezzo, esattamente come nel successivo "Hang Em High", a farla da padrone è il sound aggressivo e dirompente del basso, vero e proprio trademark della band a stelle e strisce. "Masterplan" e la bellissima "String Break" sono sicuramente tra gli episodi più convincenti di "Conformicide", LP che, inevitabilmente, risente delle influenze dei padri fondatori del thrash metal. "Slaughtered", ultimo dei dieci pezzi presenti nella tracklist, chiude un album perfettamente in linea con i parametri richiesti dal genere, ruffiano al punto giusto ma con un'impronta ben riconoscibile.
Il ritorno degli Havok merita un'attenzione particolare, non fosse altro per la caparbietà che i ragazzi hanno dimostrato di fronte ai continui cambi di line up che ne hanno minato la carriera. Consigliato ai fan di band come Annihilator, Megadeth e Forbidden.