Quando il dinamismo ossessivo/compulsivo premia, o si entra nel Guinness dei Primati o, nel caso dei musicisti, si viene accolti tra le braccia di una delle label più attente e valide d’Europa. È vero però che in Olanda è più facile: si è immersi in un crocevia di tendenze e culture che non possono che facilmente ispirare esperimenti sonori e nuovi sentieri armonici. E se tale percorso, una volta concluso, conducesse al completamento di un cerchio?
La strada lasciata alle spalle del monolite I_Con, precedente lavoro di studio di una delle formazioni olandesi più duttili e mutevoli del decennio, è già molta. Sebbene la fermata Vinticious Versions – EP del 2014 con cui la band anticipava un timido cambio di rotta dall’impostazione quasi classica rispetto a quanto andato evolversi – potesse fungere da monito, nel nuovo O – titolazione non innovativa ma pur sempre parte di una provocazione che continua – la sperimentazione è totale.
De Staat si collocano ora in cima ad un cilindro sorretto non più da un fumoso assetto chitarre/sintetizzatori/effetti, ma – rimanendo maestri nella gestione di questi ultimi – separano e dispongono ordinatamente, in dodici pezzi differenti, una nuova creatività che nella semplicità è valorizzata. Dal nostalgico uso di strumenti vintage alla pressurizzazione di elettricità e qualche fiamma, con uno stile retrò, elegante e melanconico, la band emerge in un 2016 etichettandosi come compagine senza regole. Più che un aiuto agli addetti del settore, è un riconoscimento di merito che premia un lavoro fresco pur appartenente al passato, come il sogno di un vecchio non più in forze per realizzarlo, ma sempre vivo e furente (nel suo cuore).