De Staat
I_Con

2013, Cool Green Recordings
Alternative Rock

Recensione di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 26/09/13

La ricerca di un’icona, un’idolo, un riferimento inequivocabile e fisso a cui rapportarsi costantemente e ispirarsi è una tendenza insita nel genere umano, e si sviluppa in tutti gli ambiti sociali ed artistici. La terza produzione degli olandesi De Staat è una rivisitazione moderna di un concetto eterno che genera non pochi dubbi dal punto di vista comunicativo.

 

Lo stato di attenuante confusione creato dai synth e dal massiccio uso di effettistica post-mixaggio è di per sè geniale. La variabilità del disco, che include tracce molto differenti le une con le altre, accomunate da ben pochi elementi stilistici, introduce un argomento vitale estremamente attuale: ognuno è icona. Non è ben chiaro se, secondo i De Staat, tutti noi tendiamo a creare delle icone di noi stessi, in cui riversiamo ogni aspettativa positiva o ogni sfaccettatura apprezzabile del nostro io, o se ognuno di noi si rifugi nell’iconizzazione di concetti o elementi impalpabili dei rapporti tra umani, o ancora se esistano effettivamente vere e proprie icone principali, che a loro volta fanno riferimento ad altre icone sconosciute, in un caos gerarchico di identificazione e prospettiva.

 

Attraverso questa stima espressa per mezzo di testi sintetici e sovrapposte linee di elettronica scomposta, parti inconcepibili e asimmetriche come “Witch Doctor” o “Wonderer” – due delle canzoni meno significative e più difficili del disco, attraverso le quali prende forma la decisione biunivoca di fermare la riproduzione e riflettere o se gettare la spugna e censire il tutto come inconcepibile – diventano la chiave indispensabile per comprendere tutti gli altri pezzi, ben più ordinati ed orecchiabili.

 

In sintesi, il terzo disco di Torre Florim, Vedran Mircetic, Jop van Summeren, Rocco Bell e Tim van Delft è un mix di provocazione estrema e riflessione urbana espressa con strumenti semplici resi complici tra di loro da una lieve forzatura, la leva dell’alternative che poggia su una base elettrificata ancora poco solida: nonostante ciò, seppur con qualche difficoltà uditiva, il messaggio arriva a destinazione.

 

We’re all icons as well as con artists. We’ve all created some profile somewhere that shows only part of our reality; only that part of ourselves that works best for us”. (Torre Florim, voce principale e chitarra)





01. My Bad
02. All is Dull
03. Build That, Buy That
04. Devil's Blood
05. Witch Doctor
06. Get It Together
07. Refugee
08. Make Way For The Passenger
09. Input Source Select
10. I'll Take You
11. Down Town
12. Wonderer
13. The Inevitable End

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