Eclipse
Armageddonize

2015, Frontiers Records
Hard Rock

Febbraio rivela già uno dei concorrenti al titolo di miglior album del 2015. Energico, irruente, il nuovo lavoro degli Eclipse è un autentico must-have in campo hard rock melodico.
Recensione di Giulio Beneventi - Pubblicata in data: 23/02/15

Vi siete mai immaginati i Reckless Love con più palle e -al posto di lustrini e spandex- delle solide tirate ancor più rock? No? Beh, provate anche solo ad ascoltare l'opener di questo quinto album degli Eclipse, "Armageddonize", e di sicuro sarete propensi a chiedervelo. Continuate nell'ascolto del disco, fortemente influenzato dai Def Leppard (titolo dell'album, "Love Bites"... mmm, mi ricordano qualcosa) e imbevuto dell'essenza immortale del miglior swedish rock, e avrete la certezza di avere tra le mani già da febbraio uno dei titoli più interessanti del 2015.


Ora, senza sminuire troppo la band di Olli Twisted che sicuramente non merita ciò, bisogna candidamente ammettere che gli Eclipse al momento sono collocabili ad un livello nettamente superiore rispetto all'intera scena scandinava (non me ne vogliano gli H.E.A.T, ma è così), forti della esclusiva riscoperta dell'antico Graal andato perduto tra i tifoni del grunge, quella formula di dorato hard rock/A.O.R che permetteva di non rinunciare all'aspetto melodico senza cadere nella banalità come invece molti colleghi, ahimè, fanno ancora oggi, inseguendo una malsana commercialità. Traendo spunto dalle vecchie lezioni di Giant e Jimi Jamison, "Armageddonize" viene assemblato come un buon compromesso tra i due album precedenti, ossia tra le melodie di "Are You Ready To Rock" (2008) e la potenza rude di "Bleed & Scream" (2012): come direbbero vecchi amici, si prende the best of both worlds per poterne creare la naturale evoluzione, la summa, analogamente a "New Jersey" per "Slippery When Wet" o "When Seconds Count" per "Vital Signs".

 

L'idea che questo album sia arrivato dal 1985 direttamente dall'autoradio della DeLorean di Marty McFly (del resto, siamo nel 2015) è scartata solo per l'evidente approccio moderno che si avverte tenace nella produzione. Complice anche lo stato di grazia dell'intera band (su tutti, il singer Erik Mårtensson firma una prestazione generale esagerata), si profilano 42 minuti di sonorità rocciose lungo 11 composizioni di alta qualità, per un lavoro che complessivamente non esibisce difetti né riempitivi, e procede coerente, compatto, senza mai mostrare il fianco. Se l'entrata è tra i migliori momenti con "I Don't Want To Say I'm Sorry" e "Stand On Your Feet" (primo singolo estratto), la coppia "The Storm" / "Blood Enemies" prosegue ancora meglio, cattiva ma elegante come solo i Foreigner o i Night Ranger potrebbero fare. Cosicché per trovare un pezzo anche solo lievemente sotto tono (e, sottolineo, davvero lievemente) dovrete saltare fino alla sesta traccia ("Live Like I'm Dying", ballad tiepida); peccato che posizionata subito dopo vi sia una killer song come "Breakdown", forse la migliore del disco, impreziosita da un'intro-citazione dei glory days di John Sykes con i suoi Blue Murder (vedi "Jelly Roll"). L'apertura della patta stile "She Goes Down" della successiva "Love Bites" segna il punto decisivo e Magnus Henriksson, che fino ad ora aveva siglato un maestoso lavoro di chitarra, si supera ancora con un solo memorabile. Arrivati al titolo di chiusura "All Died Young", infine, ti immagini già un'altra ballatona di congedo (Steelheart docet); invece no, per fortuna non vi è posto, e a far calare il sipario ci pensa un gran pezzaccio guidato dal doppio pedale del batterista Robban Bäck, per un degno finale esplosivo.

 

Game, set and match. A questo punto chi stava già "sanguinando e urlando" dal precedente album continuerà, ho timore, ancora a farlo per un bel po'. Io sono tra di essi ma, sebbene la mia capacità di intendere o di volere sia grandemente scemata dalla carica detonante di questo "discone", riesco comunque a rendermi tranquillamente conto che se l'hard rock svedese avrà sempre una lunga e prosperosa vita, non potranno che esserci sempre gli Eclipse in testa alla nuova generazione di rockers assetati di grande musica.





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