Electric Wizard
Time To Die

2014, Spinefarm Records
Doom Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 14/10/14

Gli Electric Wizard, con venti anni di carriera alle spalle, possono essere considerati a tutti gli effetti tra i più importanti esponenti del genere doom / stoner. Nonostante il precedente album “Black Masses” del 2010 avesse lasciato intravedere i primi cedimenti in fatto di potenza musicale, il loro riapparire con il nuovo “Time To Die” ha il sapore di un ritorno in pompa magna, con un grado di pesantezza ed oscurità in grado di reggere il confronto con i capitoli più illustri (“Witchcult Today“ e “Dopethrone”) della storia dello Stregone Elettrico.

Troppo spesso nel campo dell’heavy metal si è abusato a sproposito degli stereotipi di orrore, satanismo e morte, ma con gli Electric Wizard ci si ritrova davvero a sguazzare nel putridume dell’umanità, tanto più in questo nuovo capitolo introdotto dalle notizie riguardanti Richard "Acid King" Kasso, un ragazzo che nel 1984, allora diciassettenne, uccise tale Gary Lauwers a Northport (Long Island, Stati Uniti) sotto gli effetti di pesanti droghe allucinogene durante un rituale satanico nei boschi. Come a dire, il nume tutelare Justin Oborn e soci, il perfetto concentrato di follia, droghe, satanismo e morte che il dotato chitarrista americano cerca di portare nelle orecchie degli ascoltatori con ogni nuovo album degli Electric Wizard.

Non bisogna farsi fuorviare dal tranquillo suono di acqua che scorre all’inizio dell’album ed alla sua chiusura. Tutto ciò che si trova tra questi due estremi è quanto di più lontano dalla pace e dalla tranquillità si possa concepire. Le chitarre di Oborn e di Buckingham, allucinate, sempre altalenanti tra distorsioni ed riverberi, riescono a tessere una trama cupa, nera come la pece, proveniente dalle più basse profondità dell’inferno. E non a caso la voce di Oborn (quasi mai usata per cantare, ma per trasmettere gemiti, lamenti, invocazioni) viene sempre lasciata in secondo piano, quasi come se non fosse di questo piano della realtà ma giungesse da altri lidi aldilà del confine che separa la vita dalla morte. A completare l’opera ci pensano il rientrante batterista Mark Greening (purtroppo già nuovamente ripartito e sostituito da Simon Poole) ed il nuovo acquisto Clayton Burgess al basso, che riescono a formare una sezione ritmica capace di dar vita ad un suono denso e violento. La decisione di optare per una produzione grezza e sporca dà gli ultimi tocchi di colore (naturalmente nero funerario) a questo concentrato di marciume.

Ciò che le nove tracce dell’album riescono a trasmettere è un’atmosfera malata, cupa, carica di malvagità e di terrore. Che i Black Sabbath siano il modello al quale i quattro Stregoni guardino è più che evidente, ma Oborn e soci si spingono un po’ più in là, riuscendo ad arrivare a vette (o abissi, in questo caso) che la band di Manchester avrebbe potuto raggiungere se avesse persistito a stazionare nei luoghi oscuri dischiusi dalle droghe invece di virare verso lidi più sicuri. “Incense For The Damned” e “I Am Nothing”, mastodontiche per lunghezza e pesantezza, scavano nella testa degli ascoltatori con i loro riff, regalandoci sferzate di energia la prima e l’atmosfera di una marcia funebre la seconda. “Time To Die” mette in mostra quegli sprazzi di blues che contaminano tutta l’anima degli Electric Wizard, rendendo i brani non solo funerei ma anche quasi ballabili. “We Love The Dead” ha l’andatura caracollante e lenta di un corpo rianimato. La conclusiva “Saturn Dethroned” ha quel sapore delle composizioni di Fabio Frizzi per i film dell’orrore di Lucio Fulci e riesce a trasmettere perfettamente il marcio e la decomposizione entro cui ci si è ritrovati invischiati con l’ascolto dell’album.

“Time To Die “ rimanda in diversi punti ad altre opere del quartetto di Dorset, ma non per questo deve essere considerato come una filiazione meno feconda di quelle. Anzi, proprio per le feconde origini nelle quali si va a pescare e per la rinnovata carica espressa dalla band, dovrebbe essere considerato uno dei punti più alti toccati dagli Stregoni. D’altra parte, una volta invischiati nella torbida materia cantata dagli Electric Wizard, non si può che rimanerne catturati, come profeticamente viene narrato da Dale Griffis, sceriffo della polizia di Tiffin (Ohio, Stati Uniti), negli ultimissimi secondi dell’album, in uno spezzone già utilizzato come introduzione dell’album “Dopethrone”: “When you get into one of these trips there's only a couple of ways you can get out: one is death the other is mental institutions, or third: you can't get out”. Come si può non dare ascolto ad un così eminente esperto?




01. Incense For The Damned
02. Time To Die
03. I Am Nothing
04. Destroy Those Who Love God
05. Funeral Of Your Mind
06. We Love The Dead
07. SadioWitch
08. Lucifer’s Slaves
09. Saturn Dethroned

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