Mondo irrequieto e ben disposto agli stravolgimenti, quello dell'alternative rock: capita che ci si trovi un giorno a incidere tremule e sanguinose poesiole goticheggianti, e che il giorno dopo si decida di rinnegare praticamente tutto, scarnificando il proprio sound per ripulirlo d'ogni tocco wave, virando a tratti verso un inatteso e cupo minimalismo. I soggetti dell'impresa in questione rispondono al nome di Esben And The Witch, terzetto anglosassone che vede in Rachel Davies (voce, chitarre), la sua figura centrale e che era assurto alla pubblica (e nostra) attenzione con il caldo, oscuro e sporadicamente dolce "Wash The Sins Not Only The Face". La nuova uscita "A New Nature" prende infatti le massime distanze dalla morbidezza di una "Deathwaltz", pescando qualcosina soltanto da quegli sferraglianti episodi che in passato stridevano nel contesto generale (una discutibilissima "Despair", per fare un esempio).
Se strumentalmente la proposta rimane innegabilmente accattivante, con bassi spinti in primissima linea a stendere tappeti di puro rumore (secondo nuove tradizioni del post metal, richiamando anche i Mount Eiree e la loro semisconosciuta perla "Lost Wisdom", o le macabre fanfare di Giles Corey), la batteria a scandire sorde marcette e le chitarre spesso relegate al ruolo di inquieto e spettrale arpeggio, è purtroppo dal punto di vista delle vocals che l'involuzione si fa drammatica: ben lontana dal sepolcrale onirismo delle precedenti uscite, la Davies non mimetizza più tra dolcezze e distensioni le -parecchie- imperfezioni della sua voce, ma pare impegnarsi nell'accentuazione d'ogni spigolosità, nella meticolosa esplorazione d'ogni sfaccettatura del fastidioso: le insopportabilmente lagnose conclusioni (nelle intenzioni crescendo ricchi di pathos) dell'opener "Press Heavenwards!" o del singolo "Blood Teachings" rovinano così brani, per quanto non esaltanti, comunque non malvagi; le leggere stonature e quell'imperturbabile inoffensività da Warpaint degli ultimi tempi scoloriscono oltremodo pezzi come "Dig Your Fingers In" o la breve, conclusiva "Bathed In Light".
Ed è un peccato, perchè gli Esben And The Witch sembrano non aver per nulla perso la capacità di creare atmosfere tese, pulsanti, vive: il lento "Wooden Star" o l'intermezzo strumentale (guidato da un sorprendente sax) della lunghissima suite "The Jungle" testimoniano come la band sappia ancora atterrire come coinvolgere, intimorire come emozionare. "A New Nature" è però l'inevitabilmente acerbo frutto di una virata troppo netta verso una nuova essenza non pienamente interiorizzata, uno stentato primo passo in una nuova direzione ancora non del tutto delineata: non abbastanza, in definitiva, per non far rimpiangere i fasti di appena un anno fa.