Sono tedeschi, suonano thrash metal con inequivocabili influenze heavy e si chiamano Panzer, come i famosi carro armati della seconda guerra mondiale. Letta in questa maniera potrebbe sembrare un tripudio di cliché - e probabilmente lo è - ma la band guidata dal generale Schmier(basso e voce dei Destruction, storico trio thrash metal teutonico che non ha bisogno di presentazioni) è, senza alcun dubbio, davvero una bella realtà.
A completare la line up - o, forse, dovremmo dire la "prima linea d'assalto" - troviamo Stefan Schwarzmann (ex Accept), V.O. Pulver (Poltergeist, GurD) e Pontus Norgren (HAMMERFALL). Dopo il debutto nel 2014 con "Send Them All To Hell", i Panzer fanno il loro ritorno sulle scene con "Fatal Command", in uscita il prossimo 6 ottobre su Nuclear Blast. Composto da undici tracce, per un totale di poco più di 50 minuti di musica, questo full-length non si discosta granché dal suo predecessore ma, anzi, rispetto a esso sembra essere più maturo e personale. Chiariamoci, l'album in questione non è un miracolo di originalità e non inventa nulla, ma è un lavoro onesto, ricco di spunti interessanti e piacevole da ascoltare. Ciò che convince, da subito, è il giusto connubio tra le tipiche ritmiche thrash più serrate, violente e dirette, con melodie e armonizzazioni heavy metal. Sposare queste due realtà non è mai facile, ma il sound scorre agevolmente e, cosa ben più importante, non risente di cali di intensità o momenti morti. Schmier, rispetto a quanto è chiamato a fare con la sua band principale, si destreggia con linee vocali più melodiche e espressive che, però, non sono il pezzo forte della casa e in più di un'occasione, quindi, non convincono appieno. In "Afflicted" e "Fatal Command" si percepisce tutto l'affiatamento tra i componenti del gruppo e "Bleeding Allies" e l'opener "Satan's Hollow" sono tracce che sapranno farsi valere anche in sede live.
I Panzer, dunque, si confermano una band valida, capace di convogliare in musica le idee portate in sala di registrazione e perfettamente in grado di migliorare la propria proposta al secondo studio album che, come sappiamo, spesso è il più difficile da partorire.