Tutte le cose più belle dei morbidi, vaporosi e passionali scozzesi sembrano animare ancora le loro canzoni, ma qualcosa in realtà è cambiato. I Glasvegas hanno ormai perso ciò che rendeva speciali le piccole gemme di moderno shoegazing degli esordi, mantenendo le idee di fondo di fatto si limitano a replicare versioni più sciape e insipide del loro muro di suono.
A sostenere "Later... When TV Turns To Static" resta solo lo stile che la band si è costruita nel corso dei primi due album: la mescolanza fra le certosine sferzate elettriche e le viscerali interpretazioni vocali di James Allan, col suo forte accento glasvegiano. La peculiarità di questa alchimia permette a canzoni come la title-track, dalla strofa mononota e dal ritornello-filastrocca, di suonare ancora decenti; ma non ci vuole molto a riconoscere, traccia dopo traccia, quanto le composizioni si limitino all'imballaggio. Sarà per questo che la produzione, opera dello stesso Allan, si industria con ogni mezzo per dare vitalità a ogni particolare. E sarà per la stessa ragione che il brano più bello, “I'd rather be dead” è tale in quanto palesemente copiato da qualcun altro, Philip Glass nella fattispecie.
Il calo d'ispirazione generale viene aggravato dal portamento molto più bombastico della maggioranza delle canzoni, pensate quasi più per l'arena che non per l'intimo ascolto solitario, con il risultato di cantare ancora più forte questi brani decisamente appannati (“If”, “Youngblood”, “All I Want Is My Baby”, la stessa title-track). Le cose per fortuna si risollevano un pochino con la mestizia liquida di “Neon Bedroom” che, a suon di fisarmonica, recupera un po' del sentimento Glasvegas che fu, sebbene i più smaliziati non faticheranno a individuarne la poca originalità. Conclude sopra la media (bassina) dell'album “Finished Sympathy” senza cambiare la sostanza della scaletta, ma semplicemente lustrando per bene un climax sonoro che se non altro fa molta scena e si lascia ben ascoltare. Ma niente più.
La band di Glasgow conferma le buone doti del proprio impasto, fatto di apostrofi drammatiche e dense coltri di riverbero, ma tradiscono le rosee aspettative dai tempi del debutto. Molta maniera, molta cura nel dettaglio e poco più.