I Cani
Glamour

2013, 42 Records/Universal
Indie Rock

Una buona metafora di quello che, sotto sotto, è la “filosofia” hipster...
Recensione di Nicolò Rizzo - Pubblicata in data: 11/11/13

Sono passati due anni da quando ho assistito, quasi per caso, al mio primo (e ultimo) concerto de I Cani. Di quello spettacolo, che di “sorprendente” aveva ben poco, sono rimasto impressionato da un'unica cosa: l'accoglienza del pubblico. All'entrata della band, una folla di hipster-indie-hardcore-punk-electro-poppettari ha iniziato ad ammassarsi contro il palco, ad allungare le braccia verso i componenti della band alla ricerca di una stretta di mano e a cantare a squarciagola tutte le loro canzoni. Considerando che “Il Sorprendente Album D'esordio De I Cani” (ebbene sì, questo è il titolo) era uscito da appena pochi mesi, la curiosità mi ha spinto ad approfondire questo “sorprendente” esordio. Risultato: un ammasso di ritmiche electro-pop a dir poco ripetitive (come alibi la band dichiarerà di essere VOLUTAMENTE ripetitiva), testi pretenziosi che a un secondo ascolto finiscono per risultare meno profondi di una piscina per bambini, e decisamente nulla di sorprendente (una per tutte, “Velleità). Eppure quell'album, che ha visto la luce nella cameretta della one man-band di Niccolò Contessa, ha avuto un successo strepitoso, in larga da parte dovuto ad un passaparola online enorme (il tutto proporzionato al circuito indie ovviamente).


Incoraggiati da questo successo, dopo un periodo di silenzio assoluto, I Cani tornano in scena con un album a sorpresa: “Glamour”. Già ad un primo ascolto, si può notare che, se non altro, c'è un impegno maggiore, forse dovuto a una maggiore qualità delle registrazioni: suoni più puliti, melodie orecchiabili, che sfuggono un po' dalla monotonia del disco precedente, e dei testi che cercano di risultare (con scarsi risultati) più impegnati. “Introduzione” è una traccia che, messa nell'ambito della discografia della band, riesce davvero a sorprendere, con un base orchestrale che mira ad un blanda imitazione dei Baustelle, per poi unirsi a suoni elettronici e forti in un finale scoppiettante. Ma non fatevi ingannare: la seconda traccia “Come Vera Nabokov” ci riporta alle solite atmosfere della band, con una melodia che risulta orecchiabile ma che ci lascia in bocca quell'amaro sapore di “già sentito”, cosa che è sostanzialmente valida per tutte le altre tracce del disco, ad eccezione delle strumentali “Roma Sud” e “Theme From Koh Samui”, senza escludere la conclusiva “Lexotan”, forse la loro traccia più “potente” dopo “Hipsteria” e “Velleità”.


Insomma, perché I Cani? Perché tutto questo successo? Dopo un'attenta riflessione, sono arrivato a una conclusione: gli hipster hanno trovato una frivolezza musicale che si può facilmente spacciare per una band fuori dagli schemi, pseudo-intellettualoide e underground, insomma una buona metafora di quello che, sotto sotto, è la “filosofia” hipster. Ma entusiasmi a parte, I Cani, pur provandoci, non riescono a sollevarsi dal piattume dell'album precedente, regalandoci ancora una volta con qualche melodia orecchiabile e dei testi che risultano essere della frasi fatte e ci lasciano un unico interrogativo: ne abbiamo davvero bisogno?





01. Introduzione
02. Come Vera Nabokov
03. Corso Trieste
04. Non c'è niente di Twee
05. Storia di un Impiegato
06. Roma Sud
07. Theme From Ko Samui
08. Storia di un artista
09. San Lorenzo
10. FBYC (Sfortuna)
11. Lexotan

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