Jeff Angell's Staticland
Staticland

2016, UDR Music
Blues-rock

Ai più il nome Jeff Angell dirà ben poco, eppure questo chitarrista da poco quarantenne ha una più che decennale carriera alle spalle nella quale si è ritrovato a fare spesso gavetta aprendo i concerti di gruppi quali Aerosmith, Alice in Chains, Jane's Addiction e Biffy Clyro.
Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 10/05/16

Articolo a cura di Manuel Di Maggio 

 

Angell è di Tacoma, città appartenente allo stato di Washington la cui capitale è nientemeno che Seattle - centro musicale degli anni '90 - , pertanto appare inevitabile pensare che le maggiori influenze le abbia ricevute dai gruppi che hanno fatto scuola all'epoca, tanto da intraprendere tre progetti: Post Stardom Depression, The Missionary Position e, soprattutto, The Walking Papers, ognuno di essi avente qualcosa in comune con l'epopea della decade passata. Per esempio, nell'album eponimo - e finora unico - dei The Walking Papers, figuravano musicisti di spicco come Mike McCready dei Pearl Jam e Barrett Martin - uno dei protagonisti della breve ma intensa storia dei Mad Season - .

 


Ciononostante, l'atmosfera del disco non risente troppo di certi influssi anni '90, risultando anche, nel complesso, piuttosto maturo e, soprattutto, variegato, tanto da ritrovarsi immersi in una decina di generi e sottogeneri differenti del passato ma amalgamati bene. Si notano chitarre distorte a metà tra i sopracitati anni '90 e persino gli anni '80 glam metal, anche se con un sound molto più pulito e levigato, merito di un'attenta post-produzione e registrazione. Malgrado la forte componente elettrica, l'atmosfera dell'album è un misto tra malinconia nostalgica e sognate, per cui, in tal senso, non possono di certo mancare delle ballate degne di tale nome: The World Is Gonna Win(la sesta traccia) e la conclusiva Let the Healing Begin, anche se quest'ultimo è più propriamente una chiusa riflessiva che lascia l'ascoltatore in uno stato di catarsi. The World Is Gonna Win, invece, è uno di quei pezzi struggenti, quasi strappalacrime, ove il cantato potente e graffiato di Jeff Angell si staglia imperioso sul tappeto di tastiere ed hammond, contrappuntati da una chitarra malinconica leggermente in delay. A sua volta la chitarra, con un effetto pressoché invariato, è comunque protagonista della varietà dei brani; per esempio l'inziale Everything Is Wrong e la successiva The Edge, si integrano alla perfezione su una linea armonica simile e con i fraseggi della sei corde che hanno la doppia funzione solistica e di contrappunto. The Edge, a sua volta, è uno dei brani più pop dell'intero album; sembra uscito da Let's Dance o Tonight di David Bowie, ma mantiene la sua componente rock anche grazie alla struttura di accordi più tipicamente vicina al blues. Il ritmo incalzante prosegue anche nel successivo Never Look Back, pezzo che sembra proseguire il discorso iniziato dal precedente, infrangendosi sui successivi Band Aid on a Bullet Hole e Phantom Limb. Essi, a loro volta, appaiono quasi come un tributo alle succitate esperienze della Seattle anni '90, prendendo spunto dai maggiori gruppi dell'epoca; pertanto, se il primo si staglia come un misto tra gli Alice in Chains di Tripod e Dirt e i Mad Season del loro unico capolavoro Above, il secondo pezzo deve qualcosa a Chris Cornell e, anche se non necessariamente ne riconosciamo influssi dei Soundgarden di Badmotorfinger o Black Hole Sun, parte della loro produzione susseguente, e della successiva carriera di Cornell, sembrano evidenti(anche nel cantato per certi versi) . Dopo la sopracitata ballata The World Is Gonna Wind, Nola appare quasi un tributo al british blues dei Cream, Yardbirds e pure all'hard rock dei Led Zeppelin dei primi tre album - anche se con un sound più contemporaneo - . I due successivi brani: High Score e If You Only Knew sono, invece, i più sperimentali dell'intera opera, infatti, laddove High Score appare in debito con il noise e, per chi vuole, anche con il muro del suono di Phil Spector, If You Only Knew ha un incedere andante pervaso da dissonanze che di certo non suoneranno innovative né trascendentali, ma non guastano affatto, anzi conferiscono spessore all'opera. Da segnalare la dodicesima traccia: Freak, molto vicina agli U2 nell'ultimo periodo in cui li produsse Brian Eno - nei due album Achtung Baby e Zooropa - . Nonostante manchino i fraseggi in delay à la The Edge, il tappeto musicale, la struttura e anche il giro armonico, sembrano avere parecchio in comune con la band irlandese; persino Jeff, in questo pezzo assume una sfumatura vocale alla Bono. Breve menzione per Tomorrow's Chore che ha una forte componente hard rock anni '70 di andamento boogie che ricorda molto l'epoca degli ZZ Top, gli Status Quo o i Grand Funk Railroad. Prima di esso, bisogna fare un discorso a parte per I'll Find You, pezzo che possiamo considerare come l'unico vero passaggio a vuoto del disco. Si tratta di un brano mieloso e un po' appiccicoso, con sequencer e sintetizzatori che la fanno da padrone; anche il cantato di Jeff si fa più caldo e vellutato, molto più vicino ad alcune icone giovanili in circolazione.

 


In conclusione, anche se chiaramente non si è davanti a un album innovativo, possiamo dire che il lavoro risulta perfettamente godibile e arioso, con alcuni passaggi degni di nota e altri un po' meno. A scapito di come possano andare le vendite, Jeff Angell ha ormai oltrepassato il confine della notorietà e si candida a qualche posto di rilievo nel pantheon della musica rock contemporanea nei prossimi anni.





01. Everything Is Wrong
02. The Edge
03. Never Look Back
04. Band-Aid On A Bullet Hole
05. Phantom Limb
06. The World Is Gonna Win
07. Nola
08. High Score
09. If You Only New
10. I'll Find You
11. Tomorrow's Chore
12. Freak
13. Let The Healing Begin

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