"L'Anamorfosi" sbilenca e fuori fuoco del trio veronese Le Maschere Di Clara, davvero troppo disordinata per poter essere apprezzata appieno, subisce oggi un potente lavoro di certosino di riordino di idee, intenti ed emozioni grazie a due potenti elementi che ci consegnano, tra le orecchie, questo alveare brulicante di suggestioni.
La prima di queste novità è immediatamente avvertibile nel box tracklist a destra, dove i più letterati di voi avranno immediatamente scorto la totalità di citazioni che la band riserva alle opere letterarie più importanti, classici e non, della nostra Penisola per titolare le nuove composizioni: dai "Rasoi Di Seta" di Alda Merini, al "Fatti Non Foste Per Vivere Come Bruti" di Dantesca memoria; citando le opere da cui i brani acquistano il titolo, la band è come se ricercasse, liricamente e sonoramente, il legame di continuità tra le emozioni che le parole di quegli importanti scritti richiamano, e le note suonate. Per costruire questo ponte ideologico, viene in aiuto il secondo elemento portante de "L'Alveare": l'ispirazione classica. Per sintetizzare al meglio il concetto, basterebbe "Se Questo E' Un Uomo", dove il celebre "Lascia Ch'io Pianga" dal Rinaldo di Haendel serve da spunto ad un brano intensamente interpretato alla Massimo Volume. Ma non è solo questo: la musica delle Maschere Di Clara - la cui classicità risiede sia negli studi che nelle intenzioni dell'esordio discografico, ma solo adesso viene avvertita appieno e per davvero - è oggi un notturno drammatico e struggente, dove il gotico riesce magnificamente ad abbracciarsi all'acido corrosivo dell'alternative rock di protesta made in Italy dei '90s (ascoltate "A Se Stesso" e, per l'appunto, "Notturno"), come un dolce quanto inaspettato risvolto di romanticismo in un quadro dipinto da sferzate decise e spietate a descrivere la molteplicità dei caratteri umani di cui questo disco è pregno. E laddove il più grezzo passato musicale della band torna a fare capolino, tornerete ad essere sorpresi da un melodioso cantato ("Forse Il Cuore"), o da un'altro splendido "saccheggio" classico ("Saura").
Il risultato è ancora certamente avanguardistico, ma volesse iddio non sterile come la più fredda ed incomprensibilmente astratta delle opere d'arte moderna: il violino di Laura Masotto stavolta ama sporcarsi del vermiglio della passione, e la voce del fratello Lorenzo le tiene mano recitando di meno e cantando di più, con la naturale conseguenza che, qui, arricciamo meno il sopracciglio, ci emozioniamo di più ed arriviamo, alfine, ad applaudire con forte convinzione questa "espressione artistica di matrice italiana" nettamente migliorata e, speriamo, su un percorso ancora ricco di sorprese.
Bravo!