Marta Sui Tubi
Cinque, La Luna E Le Spine

2013, Universal
Alternative Rock

Il disco che mira alla consacrazione del gruppo. Missione compiuta?
Recensione di Lorenzo Zingaretti - Pubblicata in data: 04/03/13

Perché “cinque”? Si tratta del quinto album dei Marta Sui Tubi, ormai consolidatisi in un quintetto da, guarda caso, cinque anni a questa parte. Il numero 5 (che a me, essendo un pelo più terra terra, fa venire subito in mente l'insufficienza al liceo o la casacca di Zidane ai tempi del Real Madrid), è anche riferito al quinto comandamento, “Non uccidere”, il più importante secondo i Marta Sui Tubi, perché presuppone l'esistenza degli altri nove. “Cinque, La Luna E Le Spine” è il disco che mira alla consacrazione del gruppo, appena uscito dall'esperienza di Sanremo e pronto quindi ad estendere il suo pubblico.

Alzi la mano chi, non avendoli mai ascoltati, ha capito qualcosa in “Dispari”, il primo pezzo presentato sul palco dell'Ariston. Trattasi infatti del brano più legato al passato dei Marta, ritmicamente sghembo, ironico e poetico, nonché infuso di orchestrazioni (obbligatorie? Si sa che a Sanremo esistono delle regole precise...). Il pubblico però ha preferito “Vorrei”, l'altro singolo sanremese, diventato poi il pezzo in concorso: non che sia una brutta canzone, tutt'altro, ma strizza un po' troppo l'occhio a certe melodie più idonee a palchi di questo tipo. Detto dei due pezzi di punta, l'album si snoda attraverso una serie di alti e bassi: le melodie e la delicatezza delle riuscitissime “Il Primo Volo” e “Grandine” fanno da contraltare a certi esperimenti non molto azzeccati, come “Vagabond Home”, in lingua inglese (voto alla pronuncia: cinque!), “Polvere Sui Maiali”, posta in chiusura e cantata dal chitarrista Carmelo, con la sua voce da bluesman consumato, ma eccessivamente ridondante nel finale, e la terrificante “Il Collezionista di Vizi”, che mira al premio di pezzo più brutto della carriera dei Marta Sui Tubi. L'energia tipica dei nostri sembra molto più convincente in “Maledettamente Bene” o nella scanzonata “Tre”, altri brani che all'interno di “Cinque” riescono a farsi valere – ma che, sinceramente, in un “Sushi & Coca” sarebbero scomparsi.

Il livello del disco dunque risulta essere non omogeneo, diviso tra singoli brani apprezzabili ed altri che invitano a saltare la traccia a piè pari. I testi sono ancora una volta tranquillamente sopra la media nazionale per picchi di genialità e originalità, bastino come esempi “e non soffro se mi sento solo soffro solo se mi fai sentire dispari” (a cavallo tra l'allitterazione e la malinconia) o il “chiedo perdono alla pastorizia perché con la mia condotta ho umiliato la reputazione della pecora nera”. I Marta sanno ancora farci ridere e sorridere (due cose ben diverse, a mio parere), emozionarci ed esaltarci, ma sembrano aver imboccato una strada più lineare e in parte prevedibile, complice, forse, anche l'avventura sanremese che, per forza di cose, smussa gli angoli dei gruppi più singolari.

Non sto dicendo che Giovanni, Carmelo e compagnia si siano svenduti al grande pubblico, perché resta una coerenza di fondo pure in questo nuovo lavoro (come detto prima, una “Dispari” sul palco dell'Ariston non si sente tutti gli anni!), ma in certi aspetti “Cinque, la Luna e le Spine” ha le potenzialità per accaparrarsi una fetta più grossa di fan. E potrebbe anche trattarsi della stessa audience che qualche anno fa, dopo aver ascoltato, per dire, una “Stitichezza Cronica” o una “Cinestetica” a caso, aveva storto il naso ed era totornata a generi di certo decisamente più distanti.



01. Il Primo Volo

02. Dispari

03. I Nostri Segreti

04. Vorrei

05. Vagabond Home

06. Il Collezionista di Vizi

07. Tre

08. La Ladra

09. Maledettamente Bene

10. Grandine

11. Polvere Sui Maiali

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