Ólafur Arnalds & Alice Sara Ott
The Chopin Project

2015, Mercury Classics
Classica/Ambient

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 07/04/15

Alcuni musicisti si denudano di continuo con i loro lavori. Ci vivono dentro la loro musica. Alcuni temono tutto questo, è l'unica spiegazione del perché in circolazione ci siano ancora album del tutto privi del proprio artista. Non c'è un modo facile per farlo, per spiegarlo. Chi ha qualcosa da dire e da raccontare, racconta senza porsi troppi quesiti. Chi non ha nulla da dire, chi non vuole esporre ciò che è, non potrà mai fare musica. A dire il vero potrà sempre fare musica, forse otterrà più consensi di chi ci mette se stesso ma prima o poi quella fotocopia malridotta svelerà la sua messinscena e saranno gli stessi ascoltatori, traditi e disillusi, a scegliere ciò che non può più tradirli. Se i musicisti si denudano, chi scrive di musica dovrebbe lasciarsi andare su foglio ed incanalare le parole affinché non siano ostacolate da alcun impedimento. Il primo pensiero ascoltando “The Chopin Project” è proprio quello di rinunciare al nostro solito tono formale e lasciar correre, anche se questo volesse dire esporre il nostro giudizio in prima persona. Ma non sarebbe giusto.


No, non sarebbe giusto. La collaborazione tra l'artista islandese Ólafur Arnalds e la pianista Alice Sara Ott non merita certo questo sviolinare. Una collaborazione sconosciuta fino a qualche mese fa e probabilmente tenuta al riparo dalla carneficina virtuale, non merita questo. Due artisti e due ambienti diversi si ritrovano per dar vita ad un ricordo, un tributo ed una passione in comune: se la passione qui è condivisa, il ricordo appartiene ad Ólafur che non nasconde il ricordo della nonna, proprio lei che lo ha introdotto all'ascolto al Fryderyk Chopin che ha poi accompagnato l'artista islandese in ogni sua opera, ultimo album compreso (“For Now I Am Winter”, ndr). Ciò che è racchiuso in “The Chopin Project”, non è altro che questo, un tributo ed un'ispirazione che a piccoli passi, mai troppo sfrontati, riprende alcune composizioni di Chopin e dona loro un pathos ed un vaga ispirazione ambient che non stona con alcuni pezzi composti dallo stesso Ólafur, sempre avvolto dall'ispirazione del compositore polacco. La peculiarità di tutti e nove i brani è quella d'esser stati rivisitati con l'uso dell'elettronica moderna e degli archi mentre, ad arricchire il lavoro della Ott, diversi tipi di piano. Rilegato e registrato con vecchi marchingegni e metodi da tempo superati, l'intero lavoro ha respirato un aria intimista, rispettando quindi la profondità di un “Nocturne in C Sharp Minor” ma regalando anche i 4 minuti e 30 di una “Reminiscence” (qui il video con l'attore Hafþór Júlíus Björnsson) da cui è difficile staccarsi dopo il primo ascolto. Un lavoro in punta di piedi quello di  Ólafur e Alice, pronto a raccontarla ma non a snaturarla quella passione per Chopin. Il flebile tributo di due musicisti che in barba alla loro giovane età riescono ad affrontare un tributo come questo, nella speranza, forse, di spalancare le porte ai coetanei che nell'ascolto dei loro artisti preferiti, commerciali quanto vendibili, ancora non notano la cocente delusione che di lì a poco s'impossesserà di quella musica priva essenzialmente del proprio artista.




1.Verses
2.Piano Sonata No.3: Largo
3.Nocturne in C Sharp Minor
4.Reminiscence
5.Nocturne in G Minor
6.Eyes Shut - Nocturne in C Minor
7.Written In Stone
8.Letters Of A Traveller
9.Prélude in D Flat Major ("Raindrop")

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