Polaris
The Mortal Coil

2017, Resistent Records / Sharptone
Metalcore

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 01/11/17

Torce intermittenti in cupe strettoie, confusione e bilanci di esistenze tormentate, energico resoconto d'interiori conflitti: il lucore stellare filtra a fatica negli abissi marini, eppure un faro mobile e cangiante si mostra guida avventurosa per approdi incerti. I Polaris tengono fede al proprio nome, scavando nelle profondità dell'animo umano con rabbia corrosiva e ingenuo furore: un assalto che a tratti trasuda sì certa una tendenza allo schematismo compositivo e all'indefessa reiterazione canonica del classico metalcore a stelle e strisce, ma che non disdegna una cerea patina indie e pause di timbrica leggerezza post rock. Variazioni ammirevoli nel contesto di un genere spesso monocorde e saturo di proposte simili nel songwriting e impegnate, loro malgrado, a ergersi ciascuna a guisa di portabandiera di spicco di quella miscela di heavy metal e hardcore punk osteggiata nella forma e nella sostanza da puristi e malevoli detrattori.
 
 
Nondimeno gli australiani, rodati da anni trascorsi on stage, tirocinio necessario al fine di oliare stile e affiatamento, suonano con convinzione e buona volontà: un entusiasmo figlio tanto della verde età quanto della capacità di assimilazione di stimoli provenienti dalla terra natia. Debitori di Parkway Drive e Northlane, i nostri riescono a emergere in parte dalla melassa imperante, cercando di percorrere un sentiero alternativo agli stereotipi inevitabilmente affioranti a galla.
 
 
Poscia i due EP "Dichotomy" (2013) e "The Guilt And The Grief" (2016), il gruppo opta per il grande salto con il debutto sulla lunga distanza. Registrato in uno studio professionalmente improvvisato (il racconto qui nell'intervista), con la coppia di produttori Carson Slovak e Grant McFarland (August Burns Red, Lorna Shore), "The Mortal Coil" si pone come culmine del viaggio sonoro della band dopo un periodo di onesta gavetta: intriso di riflessioni sulla crescita personale e sulle paure che ne attanagliano l'accidentato tragitto, il disco attraversa fasi altalenanti, pur inserendosi in un contesto tematico uniforme e pressoché coeso.
 
 
Nel trittico "Consume", "Relapse" e "Lucid", brani dal titolo essenziale e diretto, il dinamico tecnicismo del fraseggio delle sei corde, il respiro delle aperture melodiche e gli incessanti pattern di batteria del talentuoso Daniel Furnari costituiscono un algebrico arazzo schiacciante e fascinoso, non immune da legami di sangue con Architects e Periphery. La destrezza vocale, sin dai primi vagiti arma segreta del combo, rappresenta il lato migliore del platter: le urla ferine del frontman Jamie Hails e l'ugola trasparente del bassista Jake Steinhauser lavorano in sinergia senza palesare cali d'intensità percepibili. "Remedy", da par suo, spicca rispetto al resto del lotto: i riff ripetuti forgiano un'atmosfera ipnotica e tambureggiante non raggiungendo la veemenza di un pezzo quale "Frailty", tuttavia facendosi preferire per magnetismo e fantasia, complice altresì il videoclip ispirato alle macchie di Rorschach, traino imprescindibile della pista. I toni sfumati dell'instrumental "In Somnus Veritas" proietta l'ascoltatore in un clima sognante e rilassato: galattico grembo ove deporre affanni e problemi.
 
 
Se "Casualty" e "Dusk To Day", pur vivaci, risultano di minore impatto, la violenza dall'abbrivio ovattato di "The Slow Decay" e l'intro di pianoforte in "Crooked Path" risollevano l'LP da un palpabile anticlimax d'illuminazione musicale: chiude la prevedibile "Sonder", dubbia catarsi di un destino avverso e sepolcrale.
 
 
Esordio dignitoso dunque per i Polaris: fautori di una poderosa miscela di aggressività e armonia, punteggiata da improvvise transizioni e da un guitar work intricato e suggestivo, l'ensemble Aussie veicola incoraggianti messaggi per evoluzioni future. Benché "The Mortal Coil" appaia un lavoro ancora acerbo, in cui non mancano momenti di stanchezza e di annebbiamento, non si può che rimanere piacevolmente stupiti dalla carica e dall'appetito del giovane quintetto nel bramare un posizione di primo piano in un universo core inflazionato ormai da un lustro: tra chiaroscuri evidenti, una prova più che sufficiente.

 

 

 

 





01. Lucid
02. The Remedy
03. Relapse
04. Consume
05. Frailty
06. In Somnus Veritas
07. Dusk To Day
08. Casualty
09. The Slow Decay
10. Crooked Path
11. Sonder

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