The Gentle Storm
The Diary

2015, InsideOut Music
Prog / Folk Rock

Recensione di Valerio Cesarini - Pubblicata in data: 02/04/15

Facile definire Arjen Lucassen come una delle menti più fervide, geniali e brillanti del prog moderno; facile altresì collocare Anneke Van Giersbergen fra le migliori vocalist della storia del metal... e "fra le migliori" soltanto per non essere particolarmente estremisti. Già insieme nel fiammante progetto Ayreon (in 01101001), la coppia si riunisce per il nuovo progetto Gentle Storm, che, date le tendenze al "metal da bravi ragazzi" di entrambi, risulta forse il più raffinato e dolce dei percorsi intrapresi da Lucassen.


Tema principale, il viaggio di un giovane navigatore olandese (Joseph) nel diciassettesimo secolo e la febbrile attesa della fidanzata Susanne; carattere principale, un prog sinfonico, epico e storico/folk. Curiosa ed originale la divisione dell'album in Gentle e Storm: le stesse dodici tracce vengono interpretate in acustico o in versione full band, con i tipici chitarroni firmati Lucassen e la varietà strumentale a cui siamo già abituati: da sezioni d'archi a dulcimer e bouzouki, il tutto supportato dai musicisti di casa Ayreon.

 

"Your ship has left the harbour on her way to distant shores"

 

Il viaggio parte con "Endless Sea", che configura alcune tematiche del disco, musicalmente un concept (ma lo scopriremo in seguito): eloquente allora il nome dell'Epic Rock Choir, protagonista di svariate, roboanti, risposte alla voce angelica di Anneke, impegnata in cambi di accordi su un letto sinfonico. Pensata per un ambito più heavy, proprio per questo motivo la canzone rende moltissimo anche in versione acustica. Alla partenza di Joseph si oppone la florida visione di Susanne, ad Amsterdam; le tracce relative alla descrizione di luoghi, come la successiva "Shores Of India", presentano caratteristiche topiche, strutture meno pesanti e più lineari di strofa-ritornello, pur conservando la complessità e la sofisticatezza armonica e timbrica. Lo scambio di lettere fra i due amanti viene ostacolato dai lunghissimi tempi che occorrevano ai trasporti epistolari dei tempi, e così la notizia della gravidanza di Susanne arriva svariati mesi dopo all'ignaro Joseph in viaggio.

 

"And now the moment's gone"

 

Struggente "The Moment", nonchè la traccia più dolce del disco, preludio della conclusione.
Si concede poi anche qualche vezzo virtuosistico Lucassen, con la prog madness "The Storm", incredibilmente apprezzabile in versione acustica, i cui tempi composti e strutture vocali rimandano come non mai agli ultimi Ayreon. La storia prosegue dunque con la descrizione della nascita del figlio, "Eyes Of Michiel" dal tema importante, e dell'assenza di Joseph ("Brightest Light") mentre Susanne agonizza: il tema del placido spegnersi della donna è affrontato nella traccia conclusiva, "New Horizons", a braccetto con l'opener e The Storm per completezza ed appagamento, più suggestiva e amorevolmente metaforica, dove numerosi strati vocali di Anneke (più ne sono meglio è?) guidano all'epilogo. Chiude l'album "The Final Entry", ripresa (specialmente di The Moment) che descrive il ritorno di Joseph, due mesi dopo la fine della propria amata, che incontra per la prima volta ciò che di lei gli rimarrà: il figlio Michiel.

 

A questo punto, una scrittura così letteraria altro non fa che garantire un giudizio positivo per quanto riguarda il coinvolgimento dell'ascoltatore nella storia, abilità a Lucassen decisamente congeniale: il disco è un piccolo gioiello, il booklet si lascia guardare e leggere piacevolmente, e nonostante un testo diametralmente opposto al Joyce più intricato (per non dire talvolta "cheesy"), risulta l'ennesimo album-film che esce dalle mani del gigante Olandese. Musicalmente il genere è inquadrato, le tematiche ripetute, melodiose ma forse un tantino ridondanti o poco incisive; fortunatamente ci sono svariati momenti che tengono alti ascolto e stupore, il tutto accompagnato dalla solita, apprezzabilissima, mancanza assoluta di fastidio nell'orecchiabilità del tutto. Si può ascoltare questo disco in ogni momento, anche per sbaglio, tutto per intero, senza rischiare di rimanerne stanchi, o di farne indigestione.


Certamente più accessibile dell'ultimo capolavoro firmato Ayreon ("The Theory Of Everything"), quest'ultimo straordinariamente completo e complesso, diviso in sezioni e musicalmente molto impegnativo; mancante fra l'altro della struttura "a canzoni" a cui molti sono abituati, o relegati.
Struttura che non solo rinasce in "The Diary", ma viene sublimata nella dualità Gentle/acustico e Storm/heavy, scelta piuttosto rischiosa ma sorprendentemente riuscita, e molto meno ridodante delle aspettative.


Sia chiaro, un capolavoro prevede anche altri punti di forza, ma quest'album è scritto bene, suonato e cantato bene, prodotto bene, pubblicizzato bene; il progetto è fresco, le menti calde. Ha dalla sua il fatto di non poter scientificamente risultare sgradevole: e allora, come da precedente paragone, esattamente come un bel film potrà non diventare il Via Col Vento del rock, ma è decisamente da guardare.

 





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