Quando si parla di Stephen Pearcy il pensiero immediato non corre alla sua carriera solista, bensì direttamente ai Ratt: mentre la messe di dischi di platino accumulati l'uno dopo l'altro dalla band statunitense negli anni '80 resta un ricordo indelebile da custodire con orgoglio, i lavori partoriti dal singer di Long Beach a stento raggiungono la sufficienza piena. Tuttavia la decisione di lasciare interamente alle cure del chitarrista Erik Ferentinos la parte musicale, scelta sperimentata per la prima volta nell'appena dignitoso Smash (2017), si rivela quantomeno un segno di continuità che permette all'ultimo album, "View To A Thrill", di respirare nuovamente l'aria (in)salubre della Los Angeles di tre decadi orsono, tutta party, sesso e droga a profusione. Significativo, in tal senso, l'artwork à la James Bond che raffigura una seducente silhouette femminile: titolo e copertina suggeriscono un legame metaforico con un'era vissuta pericolosamente e che non necessita di ulteriori spiegazioni.
Hard rock orecchiabile ed efficace, riffing lineare, chorus da stadio, ritornelli a presa istantanea e la caratteristica voce roca del nostro a condire la melodica pietanza: una formula che ha il merito di intrattenere l'ascoltatore senza tediarlo e che, pur cascando in qualche filler, riesce a restituire un po' di lustro a un artista che sembrava definitivamente perso nella mediocrità. Una sorriso di approvazione accompagna lo sleaze di "U Only Live Twice" e "Double Shot", si occhieggiano ragazze discinte sgommando sulle strade assolate di "Malibu", secerne umori glam "One In A Million", il vecchio Sunset Strip riapre i battenti in "Dangerous Thing"; e se "Not Killin' Me" e "Violator" filano via soporifere e claudicanti, tocca ai i muscoli heavy di "Secrets To Tell" e "From The Inside" e al sentito omaggio "I'm A Ratt" rinvigorire un lotto che fa della massima "ciò che non uccide, fortifica" la propria chiave di lettura. D'altronde, i superstiti del divertimento sfrenato si contano sulle dita di una mano.
"View To A Thrill", dunque, rappresenta, in assoluto, la migliore prova, di Stephen Pearcy: certo, si potrebbe affermare che un'impresa del genere non fosse poi così complicata visti i risultati passati, ma alzare la mano per assicurare la presenza in sala vale comunque un sentito elogio. I prodromi, forse, di un ritorno ancora più clamoroso.