We Came As Romans
We Came As Romans

2015, Equal Vision / Spinefarm Records
Metalcore

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 30/06/15

La fertile primavera del metalcore risale a circa una decina d'anni fa quando band, sì etichettate, presero a spuntare come margherite in un prato ben soleggiato. Ne conseguì un notevole sovraccarico di mercato con inclusa fiera dell’imitazione volente o nolente. Bastava poter affibbiare un bel "-core" in suffisso per frastornare l’ascoltatore assuefatto al genere. Il boom del metalcore si protrasse quindi fino a tre o quattro anni fa sebbene, già allora, molte band che ne avevano definito il sound avessero poi cambiato rotta.

 

I We Came As Romans sono invece un caso a sé stante. Nati nella suddetta primavera, nel 2005, arrivarono sul mercato solo nel 2009, con un'identità ben definita che si spostava più verso un melodic death con influenze core. Il risultato? L’essersi accaparrati una bella e meritata fetta di pubblico. Quest’anno ritornano, con il quarto album omonimo, proprio in concomitanza della stagione dei festival estivi. E la formula funziona ancora.

 

Per stessa ammissione del cantante Dave Stephens, il lavoro messo in questo "We Came As Romans" è stato davvero intenso, con un produttore che li ha spinti a produrre molto materiale - circa quaranta canzoni - per poi sceglierne il meglio. Di questi brani, soltanto dieci sono infatti finiti nella tracklist della nuova release, e c'è da dire che la scrematura è stata efficace. Le canzoni sono "poche", ma tutte molto valide, coerenti, incrementando lo standard di qualità rispetto ai precedenti lavori. I pezzi sono catchy senza risultare eccessivamente pop-oriented, hanno i loro momenti tesi, tipici del genere e l'alta qualità del songwriting si sente. Si sottolinea una produzione eccellente, con missaggio tendente all’ineccepibile e un oculato ordine dei brani. Non c'è un frangente piatto, anche nei brani meno tirati - "The World I Used To Know" e "Flatline" spiccano tra questi - e il disco fila liscio dall'inizio alla fine.

 

Non è privo di difetti e purtroppo, appartenendo a un genere così inflazionato, dopo un po' scatta inevitabilmente la sensazione del "già sentito". Non che questo debba necessariamente pregiudicarne l'ascolto. Sì, è vero, non è in lizza per il premio all’innovazione, ma si fa ascoltare più che bene. E il miglioramento rispetto ai lavori precedenti è veramente lampante. Consigliato ai fan, ma non solo.

 





01. Regenerate
02. Who Will Pray?
03. The World I Used To Know
04. Memories
05. Tear It Down
06. Blur
07. Savior Of The Week
08. Flatline
09. Defiance
10. 12:30

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