Wolf
Devil Seed

2014, Century Media
Heavy Metal

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 25/08/14

Avevano ragione i Primal Fear quando cantavano “Metal Is Forever”. L’heavy propriamente detto targato anni ’80, fatto (anche) di toppe, jeans e borchie ha tutti i crismi di una religione ed esiste ancora oggi. La messianica determinazione con cui i suoi adepti ne portano avanti il verbo è invidiabile, forte di un attaccamento ai limiti del fanatismo che coinvolge tanto gli addetti ai lavori quanto un pubblico che aspetta solo di essere travolto con cadenza regolare dalle melodie, dai refrain, dalle atmosfere di un genere ben definito e ancora fermo nel tempo.

Attivi ormai dal ’99, gli Wolf fanno parte di quelle nuove leve (ma non più nuovissime) cresciute in Svezia come Enforcer e Astral Doors che si sono ritagliate uno spazio a metà strada fra i mostri sacri e l’old school di matrice underground. La necessità di essere organici alla tradizione costi quel che costi li colloca un pelino al di sotto dei nomi più blasonati, ma non si può certo dire che manchino di energia o di talento. Il sound che esce dai solchi di “Devil Seed” è il consueto, rassicurante blocco di metallo marchiato eighties, debitore di Judas Priest, Mercyful Fate e di certo power metal di matrice U.S. Chitarre affilate come rasoi, screaming ossessivi ma efficaci, melodie sinistre pronte ad aprirsi in chorus esaltanti: tutto già sentito come tradizione vuole. L’ispirazione si concentra tutta nell’anthemica “Shark Attack” non a caso scelta come ipotetico singolo, ben spalleggiata dall’atmosfera decadente di “Skeleton Woman” e dai riff di “Surgeons Of Lobotomy”. La parte restante di “Devil Seed” è un disco indubbiamente suonato col cuore e anche con una certa consapevolezza dei propri mezzi, gli Wolf sono abili nel girare gli accordi  e la voce di Niklas Stålvind svetta convinta ben più dei soliti urlatori di categoria, ma nonostante questo “Devil Seed” è poco più di una variazione su un tema che conosciamo ormai a memoria. Difficile farne una colpa ai cinque svedesi, difficile e persino ingiusto, gli Wolf suonano la musica che più gli piace e lo fanno talmente bene che una stroncatura tout court appare davvero fuori luogo.

Al tempo stesso è lecito chiedersi, in un’epoca in cui di dischi se ne vendono ormai col contagocce, se ha senso pubblicare dischi destinati a diventare poco più di un dato statistico nel giro di qualche mese, ostinatamente votati a una tradizione sempre uguale a se stessa che inevitabilmente finisce per uccidere la creatività. Sarebbe meglio osare di più, rompere gli schemi e apportare qualche novità, magari mettendo in conto pure qualche battuta d’arresto, per dare vita a qualcosa che valga la pena di essere pubblicato e ricordato.





01. Overture in C Shark
02. Shark Attack
03. Skeleton Woman
04. Surgeons Of Lobotomy
05. My Demon
06. I Am Pain
07. Back From The Grave
08. The Dark Passenger
09. River Everlost
10. Frozen
11. Killing Floor

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