Voci angeliche e accordi rumorosi: è un giochino di prestigio che al prog degli ultimi anni riesce particolarmente bene, e che ha creato spesso seducenti chimere, carezzevoli e al tempo stesso malvagiamente rabbiose.
Gli Agent Fresco, che giungono dalla remota Islanda, fanno parte di questa fitta schiera di sperimentatori vocali, e hanno fin dal loro esordio spinto l'audacia negli accostamenti a limiti operistici o mainstream che altre band (tipo i TesseracT, giusto per citarne una) non hanno mai nemmeno avvicinato. E la seconda loro traccia in studio, "Destrier", è un'ottima vetrina per le indiscusse qualità della band: complessi riff di chitarra di matrice math-rock, languidi lick di basso, interessanti groove elettronici si distendono per accogliere la glaciale, tagliente voce di Arnor Dan Arnarason.
La magia sembra subito accendersi, con epiche tastiere introduttive di "Let Them See Us" o il piano sincopato che accompagna il main single "Dark Water" nella sua interezza, mentre le corde di bassi e chitarre rimbobano violente su fioche luminescenze tastieristiche. Con il tono stranamente allegrotto di "Howls", o le teatralità delle particolari circonvoluzioni vocali di "See Hell", uno dei tanti episodi in cui Arnarason sfiora registri davvero difficili da immaginare.
È un andamento tanto risoluto quanto indiscutibilmente catchy, "pop" se si vuole, che non può non accattivare. Ma "Destrier" si dimostra, col passare dei minuti, essere un album estremamente monotono e nemmeno esente da assurdi scivoloni (le inutili harsh vocals su "Angst", l'assurdo giretto di campionatori da hip-hop anni '90 che apre "Pyre"). In generale, manca la placida stasi di Olafur Arnalds, o l'ondivago e perverso movimento tra follia e romanticismo di Leprous o Rishloo, scenari agli antipodi ma entrambi capaci di esaltare per davvero un registro acuto e raffinato come quello di Arnarason. Invece "Destrier" prosegue in un trotto ordinato, costante e alla lunga prevedibile, sul rassicurante terreno di una svilente piattezza musicale.