London Grammar - Californian Soil
Arrivato al terzo album, il trio inglese si sposta su territori dream pop con sicurezza e senza commettere passi falsi


Articolo a cura di Mattia Schiavone - Pubblicata in data: 28/04/21

Dopo l'esplosione sul mercato con il fantastico esordio "If You Wait", avevamo lasciato i tre ragazzini prodigio di Nottingham quattro anni fa con "Truth Is A Beautiful Thing", un secondo album sicuramente valido e godibile, ma che allo stesso tempo ci aveva fatto sorgere alcuni dubbi e domande su come potesse svilupparsi il sound dei London Grammar, augurandoci di non assistere ad una fase di stallo dopo un inizio di carriera così promettente.

 

"Californian Soil", a differenza dei suoi due predecessori, amplia il proprio raggio di azione e poggia le sue basi, oltre che su alcuni marchi di fabbrica della band, anche su elementi più moderni e immediati, come dimostrano le influenze R&B e pop che in un paio di episodi sfociano quasi nella dance di chiaro stampo Daft Punk. È questo il caso di "How Does It Feel", dal ritornello orecchiabile e irresistibile e del primo singolo "Baby It's You". Incursioni dream pop permeano invece la title track, che ricorda i Massive Attack di "Teardrop", "Lord It's A Feeling" e la magnifica "All My Love". Ancora più che in precedenza, protagonista assoluta nella performance, quanto nei temi, è la cantante Hannah Reid, capace di pennellare personalità e colore e di rendere praticamente tutti i brani realmente efficaci, senza alcun passo falso. L'album si mantiene infatti su una buona media per tutta la sua durata: i restanti pezzi sono un esempio di buona scrittura che intreccia la personalità di Reid all'impianto sonoro ben costruito da Daniel Rothman e Dot Major. Merita una menzione particolare la conclusiva "America", capace di riassumere perfettamente le varie sfumature espresse nel corso dell'ascolto.

 

Con questo nuovo lavoro i London Grammar trovano una risposta convincente alle nostre domande iniziali. Qualcuno probabilmente lamenterà la mancanza delle venature più intime e malinconiche che hanno fatto la fortuna di pezzi come "Interlude", "If You Wait" o "Wasting My Young Years", ma rimane il fatto che con questo nuovo album, il trio sceglie la strada da intraprendere con sicurezza e senza commettere alcun errore. L'accoglienza (come già dimostrato dal primo posto nella classifica UK) sarà tutt'altro che tiepida.

 




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