Zeromancer (Kim Ljung)
Abbiamo ragginto il bassista, nonchè compositore principale di musiche e testi, degli Zeromancer, Kim Ljung, per una piacevole chiacchierata a 360° sulla loro ultima fatica discografica “The Death Of Romance” e tutto quello che circonda l’universo musicale della band norvegese. Buona lettura!
Articolo a cura di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 05/03/10

Ciao Kim! Innanzitutto, grazie per questa chiamata e per essere qui su SpazioRock!

Figurati Fabio, il piacere è tutto mio! E’ bello risentirti!

…prego? Mi risulta che sia la prima volta che ci sentiamo! (ride)

Ah sì? Allora mi sto confondendo con un altro giornalista italiano che l’anno scorso mi ha intervistato per “Sinners International”, si chiamava Fabio anche lui, lo ricordo ancora benissimo! Mi spiace tantissimo per la gaffe!

Figuarti Kim, no problem! Senti, volevo iniziare proprio dal vostro ultimo album, cominciando dal suo titolo: “The Death Of Romance”. In un’era in cui tutti esaltano l’amore ed il romanticismo, e pensa solo – a titolo d’esempio – all’esplosione del fenomeno Twilight, perché voi avete deciso di celebrare la sua morte?

Oh no, beh sai: quando comincio a scrivere i testi per una canzone, io comincio sempre dal titolo, e comincio sempre la composizione di un album partendo dalla titletrack…come per avere una traccia, un’idea di quello che tutto l’album deve essere. Per “The Death Of Romance”…non so, mi è semplicemente venuto così…un po’ richiama il nome della band, sai: Zeromancer come Zero Romanticismo. E poi non mi piace vederlo così nero come dici tu, piuttosto è un grigio: la morte del romanticismo non significa necessariamente la fine della vita. Un bell’amore può morire, ma allo stesso tempo la sua morte potrebbe essere un’occasione di rinascita, di ricominciare tutto da capo e meglio. Ti ringrazio davvero tanto per avermi fatto questa domanda.

Prego Kim. Adesso invece parliamo della cover di “The Death Of Romance”: cosa c’è nel calice in fiamme che giace a terra (e da dove, ragionevolmente, il fuoco che ha bruciato tutto arriva)?

Ma sai…avevo una certa idea per l’artwork del lavoro, e ne ho parlato con un fotografo piuttosto famoso qui in Norvegia, soprattutto per i suoi lavori molti rock ‘n’ roll. Gli è piaciuta molto la mia proposta di un qualcosa di molto bello come la ragazza in copertina in mezzo ad uno scenario devastato dal fuoco, l’ha trovata oscura e dolce allo stesso tempo. Quindi, ci siamo recati in questo luogo in cui i pompieri fanno esercitazioni antincendio qui in Norvegia e…fondamentalmente abbiamo dato fuoco a tutto il soggiorono! (risate)
Poi, è arrivata questa modella, ed abbiamo completato il tutto.
Il calice in fiamme per terra, per rispondere alla tua domanda, è un simbolo del divorzio.

zeromancer_2010_01Molto d’impatto Kim, davvero! E qual’ è la sfida più grande che sentite di aver vinto, come band, per quanto riguarda “The Death Of Romance”?

Credo…sai, dopo 6 anni di silenzio abbiamo rilasciato l’anno scorso “Sinners International”, e subito dopo quella release avevamo così tanta energia e un’atmosfera così idilliaca all’interno della band, che dovevamo assolutamente usarla, in qualche modo! Quindi, subito al termine del tour europeo di Sinners International ci siamo chiusi nello studio ed abbiamo cercato di incanalare quell’energia prima che fosse troppo tardi, e siamo contenti di esserci riusciti in così poco tempo.

Proprio a proposito del brevissimo lasso di tempo tra i vostri due ultimi album: non temete di stressarvi troppo? Voglio dire…presto comincerete il tour di “The death of romance”, a pochi mesi dalla conclusione di quello di “Sinners International”…

Sì, però…vedi, la gente tende a dimenticarti così facilmente, e noi volevamo mantenere l’energia viva! Abbiamo anche rilasciato un EP proprio pochi mesi fa, a fare da intermezzo ai due album perché…vedi, crediamo che sia la cosa giusta: visto che abbiamo anche fatto attendere il nostro pubblico sin troppo tempo in passato.
Poi, la gente oramai spende soldi per un sacco di cose, videogiochi, film…poi ci sono così tanti artisti sulla scena che, se vuoi rimanerci, devi trovare il modo di far parlare di te il più possibile.
Poi, adesso le cose sono più semplici: con la scusa che facciamo tutto noi, dalla produzione al mixing, nel momento in cui abbiamo avuto queste 10 canzoni pronte ci siamo detti che era giunto il momento per un nuovo album!

In “The Hate Alphabet”, ispirata dai libri di James Ellroy, c’è questo verso: “hate, hate. I am my own worst enemy” (“odio, odio. Sono il mio peggior nemico” n.d.r.). Trovo che sia tremendamente veritiero, ma secondo te c’è un modo in cui possiamo essere non così nemici di noi stessi?

Io credo che sia un destino in un certo senso ineluttabile, anche se sai….io sono 20 anni che provo a migliorare, ma apparentemente nulla sembra funzionare. E dico apparentemente perché non è una situazione reale: questo problema è di natura prettamente psicologica. Poi ci sono anche le  situazioni opposte, in cui continui ad incolpare gli altri ma faresti bene ad incolpare te stesso…

…alla fine diciamo che è un vicolo cieco, insomma! (risate)

Già, direi proprio di sì! (ridendo)

Senti Kim, ti dico che la mia canzone preferita di “The death of love”, al momento, è “Virigin Ring”. Qual è la tua e perché?

Davvero? Bello, perché è anche una delle mie! (ride)

C’è della gran bella melodia in quella canzone!

Ed un arrangiamenti fico, non è vero?

Oh sì!


..però sai, se devo dirti qual è la mia preferita in assoluto… è comunque difficile per me perché abbiamo passato gli ultimi 8 mesi a registrare questo album, ed è tutto troppo recente per poter avere una giusta visione critica…ma…sto cominciando a credere di avere un legame speciale con “Mint”, perché il modo in cui Alex canta in quella canzone mi rende molto orgoglioso di lui!

 

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Credo che la musica degli Zeromancer sia una perfetta unione di melodia nordica – che deriva dalla vostra origine norvegese – con la follia della scuola industrial americana. Cosa ne pensi di questa mia affermazione?

Credo che abbia molto senso, già. Sai, molte volte molte band vengono interpretate male da un sacco di gente: per quel che ci riguarda, i tedeschi si ostinano a dire non solo che siamo tedeschi, ma che suoniamo molto come le loro band! Io, invece, proprio come te penso che ci sia molta più influenza, nella nostra musica, della scuola americana. D’altronde: abbiamo iniziato la nostra carriera nel 1999 a Los Angeles, ci siamo stati un anno e mezzo e abbiamo assorbito molto da quell’ambiente, visto che eravamo davvero molto giovani quando ci siamo stati.
Ricordando…eravamo molto intimoriti dall’America a quel tempo, ma non appena siamo arrivati lì la gente era molto aperta ed amichevole, i membri delle band ci dicevano: “Avanti dai, venite a sentire le nostre prove! Venite a sentirci suonare in studio!” ed è un atteggiamento che non si ritrova per nulla in Europa.

Credo anche che i vostri testi siano molto controversi: spesso iniziate a parlare d’amore, ed all’improvviso tutto diviene torbido e lussurioso, circondato da un’aura di distruzione…credo che questo concetto l’abbiate espresso perfettamente in un titolo come “It looks like love (but it smells like sex)”…sei d’accordo con me?

(risate) oh beh sai, probabilmente pensi così perché io sono uno a cui piace giocare molto con le parole…poi: quando io ascolto una canzone, voglio che sia eccitante; non la voglio affatto lineare o poco originale, o troppo pulita.
A volte la gente trova un senso in quello che scrivo però…sai, io ho una mia visione, ma non necessariamente deve essere uguale a quella degli altri. Quando consegno un testo ad Alex per cantarci sopra, ad esempio, lui non mi chiede mai cosa significa: mette la sua interpretazione nel suo modo di cantare. E questo credo che sia la vera ricchezza lirica di cui tu parlavi prima.

Siete in giro da 10 anni oramai, quindi credo che sia giusto avere da voi un’analisi della scena elettronica / industrial nella sua globalità: mi piacerebbe che tu dicessi un nome che, secondo te, è molto sopravvalutato, ed un altro che non gode dei dovuti riconoscimenti.


E’ strano…noi non ci sentiamo davvero parte di una scena. Vedi, in Norvegia una scena industrial non esiste affatto: non ci sono band, non c’è pubblico, non ci sono riviste e non c’è informazione. Quindi, ci sentiamo in un certo senso degli outsiders, e come tali non possiamo fare dei giudizi.

…diciamo che hai risposto alla mia domanda in modo politicamente corretto! (risate)

(risate) No ma sai…quando parli di grandi nomi  come i Ministry ad esempio o altri…magari non ti fanno un bell’album da tanto tempo, però hai talmente tanto rispetto nei loro confronti che sei comunque contento che certe band esistono e suonano.

 

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Sempre per quanto riguarda la tua esperienza: credi che il pubblico americano reagisca in modo diverso rispetto al pubblico europeo nei confronti della vostra musica?

Non molto, però è anche vero che in America abbiamo suonato poco: il tour più grande là lo abbiamo fatto nel 2003, quindi sarebbe necessario tornarci per rispondere bene alla tua domanda. Ti posso dire che il pubblico americano è molto aperto: ci accolgono sempre molto bene, e capiscono molto bene la musica, e non mostrano alcun timore nei confronti di essa, come se fossero…molto onesti con la musica.
Il pubblico europeo, invece, è molto più riservato anche se…ti dirò: recepisce comunque bene la musica! Il nostro primo show, ad esempio, è stato in Russia, ed è stato un delirio!

Ho visto la prima parte del “The Death Of Romance”, e non c’è l’Italia perlomeno fino a luglio. Verrete quindi da noi nella seconda metà dell’anno?


Guarda: mi sento quasi in imbarazzo perché ogni volta che parlo alle riviste italiane, prometto sempre che verremo in Italia a suonare, ma poi succede sempre qualcosa e non ci riusciamo mai! L’anno scorso ero davvero sicuro che accadesse, e quindi adesso mi vergogno nel dirti che, appunto, non ci siamo riusciti. Ti dirò, quindi, che io spero vivamente che riusciremo a venire in Italia con questo tour, anche perché io stesso amo tantissimo l’Italia: pensa che ero da voi l’estate scorsa per vedere i Depeche Mode, sia a Milano che a Roma!

Lascia un messaggio ai nostri lettori ed ai tuoi fan perché, Kim, questa è tristemente la fine dell’intervista!

E’ davvero importante per noi esplorare nuovi territori: l’anno scorso ho fatto più interviste per i giornali italiani che per quelli tedeschi, dove facciamo invece molti più shows! (ride) Quindi spero davvero di riuscire a venire da voi e conoscervi tutti. E poi siamo davvero ottimisti riguardo a questo album…lo sentiamo davvero speciale e quindi spero che ciò ci aiuti ad aprirci ancora di più e riuscire, di conseguenza, a raggiungervi in Italia.




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