Linea 77 (Dade)
Il bello di fare interviste agli artisti lontani dal periodo promozionale di un disco è che puoi divagare nelle domande, senza avere come obiettivo fisso la discussione del nuovo parto discografico di turno. E’ un po’ quello che è successo quando sono stato raggiunto telefonicamente da Dade dei Linea 77, dove ho sfruttato l’occasione per parlare di tutto quello che circonda la band, senza particolari riferimenti ed in tutta libertà. Vi auguro una buona lettura del resoconto della nostra chiacchierata!
Articolo a cura di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 26/04/11

Allora, cosa state facendo adesso di bello adesso con i Linea 77? Ho visto che siete ancora in tour…

Sì beh, in realtà noi non ci fermiamo mai, è sempre un continuo e perenne tour con i Linea 77, anche se magari adesso ci piacerebbe fermarci un po’ magari per l’estate: un mesetto o due per riposarci e da settembre cominciare a scrivere il disco nuovo. Diciamo, però, che finché ce n’è, noi andiamo avanti. Abbiamo ancora un bel po’ di date da fare prima della pausa, anche perché sta andando tutto molto bene e siamo felici. Ad esempio, da poco siamo stati in Sardegna, e siamo stati parecchio contenti di averla trovata super-calda! Ci siamo davvero divertiti là, c’è anche un filmato su Youtube, dove puoi vedere un’invasione di palco. (risate)

Eh, voi coinvolgete sempre tutti sul palco! (risate)


Sì, stavolta volevamo farlo controllato il concerto, ma in realtà la calma è durata solo 5 secondi, poi è successo una specie di delirio e ci hanno intimato un po’ tutti di far calmare le acque: dal Comune alla security! (risate) Sono cose che ci sono già successe in passato, ma insomma: è sempre divertente cercare di creare il caos!

Dai, parliamo un attimo anche del vostro ultimo disco. Più di un anno è passato da “10”, siete soddisfatti di quanto raggiunto dalla vostra ultima opera?

Sì, abbastanza. Non siamo mai perennemente soddisfatti al 100% del lavoro che facciamo, ma temo che questa sia una prerogativa dei musicisti e degli artisti in genere: quella di pensare che la tua prossima opera sia migliore rispetto a quella che stai rilasciando al momento. Però…”10” è per noi un disco molto importante, perché ha segnato un punto di svolta sotto tanti punti di vista. E’ stato un album molto poco compreso all’inizio…è stato molto lungo, diciamo che la gente ci ha messo un po’ a capirlo, ad accettarlo e sentirlo suo. Pensa che di solito, invece, succedeva il contrario: siamo sempre stati una band di impatto nella nostra musica, quando uscivano i vecchi dischi li sentivi che erano molto più diretti, soprattutto i singoli. “10”, invece, è proprio più ricercato, devi ascoltare almeno 5 volte le canzoni per poterle capire e poterle quindi, magari, cantare. Quindi, in realtà all’inizio del tour di “10” tutto è andato peggio rispetto ad adesso, che siamo alla fine! Adesso ci rendiamo conto che la gente ci chiede proprio i pezzi che stanno su “10”, le vuole sentire quelle canzoni e le sa a memoria, e questo ci rende molto felici.

Potrebbe essere un segno di maturità artistica della band, no? Intendo questo riuscire ad arrivare più lentamente e più a fondo…

Sì, boh, non so…in realtà, alla fine ogni cosa che fai è un segno di maturità, bella o brutta che sia…alla fine, magari è una questione di pezzi giusti e di pezzi sbagliati…però boh, no davvero non lo so, perché magari alla fine non esiste né il giusto né lo sbagliato, esiste solo la musica e la creatività, che è una cosa molto soggettiva: per qualcuno questo disco può essere fantastico, per altri è una merda, ma ci sta, è giusto così. Noi siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto, e non vediamo l’ora di incidere roba nuova.

Nella vostra carriera vi siete ritrovati a girare parecchio: dall’Inghilterra all’America per tour ed incisioni. Ma c’è una qualità dell’Italia che ti piace particolarmente e che non ritrovi altrove?

Ce n’è più di una! Artisticamente direi la gente, gli italiani proprio. Non so bene spiegarti il perché…forse perché siamo molto meno selettivi degli inglesi e degli americani, fatto sta che noi italiani abbiamo più voglia di ascoltare musica, ci lasciamo trasportare più  facilmente da essa e quello che ci interessa è, soprattutto, essere coinvolti nel concerto. In Inghilterra, invece, è tutto molto più finto. Ci sono sì i concerti pieni, ma i concerti pieni vengono, alla fin fine, scelti dai vari magazine, che pescano la band del momento, entità che poi, in genere, durano un paio di mesi, dopo i quali tutto già puzza di vecchio: magari sì, c’è la band che esplode e ti fa 300.000 persone, ma poi lo stesso show, mesi dopo, te lo ritrovi con 100 persone. Perché, in effetti, là il mercato è molto più business, mentre qua in Italia trovo che ci sia molta più spontaneità, e tutto questo coinvolgimento del pubblico italiano è una delle qualità del nostro paese che mi piace un sacco!

Ok, parlami del progetto INRI adesso, visto che ti vede direttamente coinvolto. Spiegami bene cos’è!

Il progetto INRI, in realtà, è iniziato nel 2003 come un’idea comune tra me ed il mio amico Toldo qui di Torino, che si occupa di tutt’altra roba rispetto alla musica, visto che lui fa skate e tutto ciò che riguarda il mondo della tavola; lui ha un’agenzia, “Facciosnao”, che organizza eventi tipo gare e scuola, avendo un campo su a Les Alpes. Io, invece, diciamo che sono sempre stato attento al lato musicale di Torino, per cui ho ricoperto anche qualche ruolo di carattere organizzativo, e diciamo che l’idea, in realtà, è molto semplice: ci sono un sacco di realtà artistiche interessanti di vario tipo qui a Torino, dalla musica alla pittura, passando per la street-art, la scrittura e la cinematografia…tutta questa vitalità artistica di Torino, purtroppo, spesso rimane sconosciuta ai più, talenti assoluti destinati a rimanere dei nessuno per tutta una vita perché non ci sono spazi, perché il mercato mainstream (sia delle case discografiche che le gallerie d’arte più famose) non concede loro questi spazi, ed è qui che entra in gioco INRI. A me piace produrre delle realtà artistiche, quindi con INRI mi piacerebbe che fossimo una “casa di produzione” di realtà artistiche che noi valutiamo come interessanti. Ci tengo anche a precisare che noi, come produttori, non mettiamo nessun limite alla misura dell’arte, che è di carattere assolutamente personale, e che se troviamo un musicista che fa una musica che ci piace, allora diventiamo una casa discografica; se troviamo un artista che fa dei quadri interessanti, allora diventiamo una galleria d’arte. L’idea è questa, e cerchiamo di essere il più eterogenei possibili. “Purtroppo”, siccome io sono più improntato verso la musica, le prime 3 produzioni di INRI sono state dei dischi, quindi per ora INRI è un’etichetta discografica indipendente, ma contiamo di espanderci presto in futuro.

linea77int_2011_01Prima di tornare sui lidi dei Linea 77, mi piacerebbe magari chiudere un attimo questo aspetto dei tuoi progetti collaterali, visto che tu sei anche impegnato come solista sul fronte “AntiAnti”, un progetto musicale che, però, mi pare fermo dal 2009. Si muove niente da quelle parti?


Mah, in realtà “AntiAnti” è proprio uno pseudonimo che io ho utilizzato per firmare i miei lavori al di fuori dei Linea 77. INRI è proprio una di queste attività collaterali: c’è molto di AntiAnti in INRI; ad esempio, ultimamente mi sto concentrando molto sulla produzione di dischi altrui, che firmo appunto come AntiAnti. La prima produzione che è stata fatta in questo senso è quella di un giovane artista di nome Bianco, dove AntiAnti identifica il mio lavoro come produttore artistico, non da musicista. Poi, c’è anche il discorso dei video: sempre per Bianco, ma anche per altra gente, ho fatto dei video a firma AntiAnti…sono, diciamo, un po’ un tuttofare io! (risate) E non so se le cose mi vengono bene o mi vengono male, ma diciamo che mi piace fare! Ho proprio il bisogno di esplorare nuovi territori ed imparare nuove cose, ed è per questo che AntiAnti è nato. Però, ti dico anche che ho molta voglia di fare un disco nuovo, tutto mio, a nome AntiAnti, ma questo non so davvero quando sarà possibile perché ho costruito troppe cose dall’epoca di quel primo disco, come INRI, ed i Linea 77 stessi, a cui tengo tantissimo, occupano molto tempo, quindi non so davvero quando avrò di nuovo modo di focalizzarmi su questo progetto.

Pensando alla tua carriera oramai quasi ventennale, c’è mai stato un momento in cui ti sei sentito realmente deluso e sconfortato, per cui sei stato sull’orlo di mollare tutto?


Guarda, sinceramente: ogni volta che accendo la televisione e vedo un telegiornale lo sconforto mi assale come un branco di leone affamati. Lo sconforto fa proprio parte di questo periodo storico, secondo me; chiunque cerchi di fare qualcosa di puro, di artistico e di creativo in questo Paese, in questo momento, non può fare a meno che provare sconforto, e questo è legato a doppio filo ad una classe politica che sta distruggendo l’Italia, proponendo dei modelli comportamentali assolutamente schifosi che distruggono intere generazioni in un secondo.

Capisco, ci sono innumerevoli polemiche riguardo a questo argomento…


Devi andare assolutamente contro a questa cosa, e proprio tutto questo schifo mi fornisce la motivazione per non provare sconforto, ma dire piuttosto: “Ok, va bene, tutto fa abbastanza schifo, quindi cerchiamo di fare delle cose che, invece, ridiano dignità a questo Paese ed alla gente che ci vive!”. Perché di realtà degne, come ho detto prima, ce ne sono tantissime…purtroppo, bisogna però crearsi gli spazi da soli, e sempre di più gli spazi interessanti sono quelli underground, quelli dove non c’è una lira, ma dove in cambio c’è un sacco di urgenza creativa e tanta voglia di fare.

Ancora su un momento particolare della tua carriera come Linea 77: parliamo del duetto con Tiziano Ferro, collaborazione nata perché lui aveva dichiarato in un’intervista che gli sarebbe piaciuto tanto lavorare con voi. Bene, proviamo ad invertire i ruoli: dimmi tu, in sede di questa intervista, una collaborazione anomala che ti piacerebbe veder realizzato quanto prima.

Oddio! (risate) Cazzo, questa è una bella domanda! (risate) Vuoi un nome a livello musicale, immagino….

Ma anche no! Puoi dirmene uno musicale per i Linea 77 ed uno più generalmente artistico per il tuo lato AntiAnti, vedi un po’ tu!

(sospira) Gesù, ci dovrei pensare un po’ in effetti…Mmmmh…oh mamma mia! (risate) Guarda, comincio col dirti che una cosa che mi piacerebbe fare, ma è praticamente impossibile, è suonare il basso con Dave Grohl. Però con lui alla batteria! (risate) Anche senza registrare, giusto una prova di un paio d’ore basso e batteria per tirare giù una bella legnata di quelle che lasciano il segno! Collaborazione artistica, invece, sono sicuro che mi piacerebbe lavorare con Madonna, con i Linea 77 intendo: mi piacerebbe proprio che il prossimo “featuring” dei Linea fosse con qualcuno di femminile, e Madonna è ottima come modello femminile. Sento un po’ la mancanza del femminile così forte qui in Italia, e poi mi piacerebbe anche vedere mischiate le nostre due attitudini musicali così diverse per vedere cosa salta fuori.

Quindi Madonna, e non Lady Gaga…

Ve beh, ma in effetti proprio no, ma giusto perché Lady Gaga non è umana, è un androide! (risate generali) Secondo me, lei ha il bottone “On-Off” dietro la schiena: quando gli uomini potenti delle Major non la vogliono più, la mettono in stand-by. Quando penso a Lady Gaga, mi viene in mente una cosa così!

C’è una critica che vi è stata rivolta e che vi ha fatto letteralmente incazzare? Spero di sì, perché mi piacerebbe che sfruttassi questa occasione per rispondere!

Incazzare proprio incazzare no, ma diciamo che la critica che mi ha fatto innervosire – perché è la critica più vecchia del mondo quando si parla di Linea 77 – è: vi siete venduti. Questa frase stronza che non ha assolutamente nessun fondamento, pronunciata quasi sempre da degli adolescenti che si credono di essere chissà chi e di aver scoperto l’acqua calda, e invece non sanno veramente di che cazzo stanno parlando! Dire ad un gruppo come i Linea 77 “vi siete venduti” è una stronzata immane perché, voglio dire: ci si vende per tipo due milioni di dollari, e ci si fanno delle cose stupidissime con quei soldi. Ma se io, invece, collaboro con un artista che sì, non fa metal, non appartiene al discorso della musica dura come, ad esempio, Tiziano Ferro, non è vendersi, è esplorare nuovi territori. Se fossimo tutti fermi nel nostro piccolo orticello e non cercassimo di andare in quello degli altri, saremmo davvero rimasti ancora alla preistoria. Dirci, quindi, dopo una cosa del genere “Vi siete venduti” a me viene da rispondere: a chi, e a che cosa? Cosa è effettivamente cambiato nella mia vita dopo una collaborazione con Tiziano Ferro, o una firma con un Universal? Cosa credi, che c’ho 10.000 Euro in tasca ogni giorno? La verità è che siamo degli squattrinati, tutti gli artisti del nostro calibro – puoi parlare con chiunque e sfido chiunque a dire il contrario – ovvero una band che ti fa 600/700 persone a data e che vende, se va bene, 10.000 copie del disco, alla fine non ha una lira in tasca. Noi facciamo fatica ad arrivare a fine mese, e dobbiamo sempre inventarci qualcosa e non ci vergognano a lavorare, quando serve, per altre persone per altri progetti. Quindi, questa è una critica che mi fa più ridere che incazzare, però…diciamo che mi infastidisce anche, perché è una critica idiota.

 

linea77int_2011_02

Bella, mi piace come risposta! Avevo un’ultima domanda prima dei saluti di rito, guarda caso neanche a farlo apposta riguarda proprio il mercato discografico.“10” avete cominciato a distribuirlo come allegato ad XL di Repubblica: come ritenete debba essere distribuita la musica nell’anno 2011, per cercare di sopravvivere al dilagare incontrollato di internet che ha sminuito – per usare un eufemismo – il valore del disco?

Ha distrutto il valore del prodotto discografico, altroché! Eh, purtroppo ad avere proprio la soluzione, minchia la matterei in pratica! (risate) Siccome la soluzione non ce l’ho, io ti dico quello che mi piacerebbe vedere.

Spara!


Mi piacerebbe vedere la gente che va ai concerti e che vede l’artista per la prima volta apprezzando quanto ha visto, comprare poi l’opera dell’artista direttamente all’artista. INRI è nata proprio per questo, sarà difficile che arriveremo presto a distribuire i nostri dischi nei negozi – anche se ci arriveremo – quindi siamo consapevoli che le nostre produzioni saranno vendute proprio ai banchetti del merchandise, quindi mi piacerebbe vedere soprattutto nei giovani, dai 15 anni in su, questa volontà. Vedere uno che ti fa un discorso del tipo: “Va bene, io mi sono visto il concerto di Bianco, e mi è piaciuto un casino. Potrei andare a casa e scaricarmi tutto il possibile (perché tanto ci sono gli mp3, li trovi facilissimamente), ma siccome Bianco ci ha messo 9 mesi ed un culo quadrato per fare questo disco, e me lo vende a 10 Euro, allora glielo compro!”. Il supporto della gente verso l’arte è proprio questo: non comprare tutta l’arte, ovviamente, ma solo quella che ti piace. E pensare che comprare dischi non è solo far arricchire le multinazionali, ma dare una mano agli artisti, per far sì che loro possano continuare a produrre arte. Perché scusa: se io faccio musica, e la regalo, poi devo andare a cercarmi un lavoro per mantenermi, e quindi non produco più musica nuova. Ed è un po’ un cane che si morde la coda questa cosa, un atto che distrugge la musica.

Infatti, è proprio quello che cerco di fare capire anche io con la gente che mi dice che scarica e basta, no perché poi quelli ti vengono anche a dire: “Eh che palle, questo artista non viene in Italia a suonare!”

Ma infatti, il bello è che ci si lamenta! Ma io dico: è proprio come andare dal panettiere e dire: “Dai, regalami due pagnotte di pane va’, anche se ti è costato farle!” Non è una cosa che si può fare, mentre con la musica e l’arte, invece, funziona benissimo. Io, poi, vedo delle cose davvero allucinanti sui forum e su internet, gente che sgrida i pirati che non mettono abbastanza tempestivamente gli episodi delle serie TV che sono uscite magari in America il giorno prima, e ti vengono a dire: “Minchia oh, è stato trasmesso l’altro ieri, come mani qui non c’è ancora?!” Cioè: come se fosse tutto dovuto, capisci? E questo mi fa ragionare ed arrivare alla conclusione che non stiamo proprio capendo più un cazzo! (risate amare) Siamo arrivati alla gente che sgrida i pirati perché non lavorano abbastanza velocemente: un controsenso assurdo. E la conseguenza è che nelle nuove generazioni non c’è più rispetto per l’arte, né nella dignità di una scena indipendente.

Ti capisco perfettamente guarda…bene, direi che è stata una bella chiacchierata Dade; ti ringrazio di tutto e adesso, come di nostro consueto, ti lascio questo spazio per un messaggio libero ai nostri lettori!

Se avete delle idee simpatiche ed intelligenti per spiegare l’acronimo INRI, una cosa del tipo “Io Non Rimango Inchiodato”, sono sempre bene accette! Scrivetele a: info@inritorino.com. Grazie mille per l’attenzione!




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